Cosa è accaduto nella cella di sicurezza della caserma di Albenga fra le 4 di notte e le 11 del mattino di sabato 5 dicembre?
E’ in queste sette ore, in questo lasso di tempo che Emanuel Scalabrin, 33 anni, tossicodipendente con precedenti per spaccio, arrestato alle 14 del giorno precedente perché trovato in possesso di cocaina e hashish, muore per un arresto cardiocircolatorio. E’ una morte misteriosa sulla quale la procura di Savona ha aperto un’inchiesta. I famigliari di Emanuel si sono rivolti ad uno studio legale per costituirsi parte civile.
Repubblica ha potuto visionare gli atti ed è in grado di ricostruire le ultime ore di vita del 33enne. Compito degli inquirenti e del medico legale sarà capire se il decesso sia conseguenza di un evento naturale, se il fatto che solo alle 11 i militari si siano accorti del decesso configuri negligenze ed omissione di soccorso, o se la morte possa essere conseguenza di traumi. La prima ricognizione del medico legale non avrebbe evidenziato lesioni e segni tali da fra ipotizzare un pestaggio, solo una ferita ad un labbro.
Ore 14 di venerdì 4 dicembre
Giulia, la compagna di Emanuel – e moglie del loro bambino – attualmente agli arresti domiciliari, è presente all’arresto. Racconta che si è trattato di un fermo in cui i quattro carabinieri hanno usato le maniere forti. I militari on lo negano, tanto che nel verbale d’arresto scrivono: “Avvedutosi della presenza degli operanti Scalabrin tentava la fuga spingendo e strattonando i militari. Era necessario l’intervento di ben quattro militari e l’applicazione delle manette di sicurezza per ridurne la pericolosità, un’azione che si protraeva per quasi trenta minuti dove Scalabrin scalciava e colpiva gli operanti a più riprese tanto che il briga capo G. riportava una contusione alla coscia destra… giudicata guaribile in 5 giorni”.
Ore 21.40 la visita in cella di sicurezza
Verso le 21 Scalabrin accusa un malessere e i carabinieri fanno intervenire la guardia medica. La dottoressa che lo visita riscontra tachicardia e pressione alta. Consiglia “l’accompagnamento al pronto soccorso per somministrazione metadone e monitoraggio delle condizioni cliniche”.
Ore 22.57 visita lampo al pronto soccorso
I carabinieri seguono le indicazioni della Guardia Medica e accompagnano Scalabrin al pronto soccorso di Pietra Ligure. La permanenza nell’ospedale è uno degli elementi oggetto di approfondimento dell’inchiesta del pm Chiara Venturi.
Il referto segnala l’ingresso alle 22.57, l’apertura della cartella clinica alle 22.59 e la chiusura della cartella clinica alle 23.02.
In tre minuti, riferisce il referto, gli vengono somministrati 90 millilitri di metadone – che la madre di Scalabrin aveva consegnato ai carabinieri – e viene sottoposto a “visita pronto soccorso”. Tre minuti appena.
Ore 01 di notte di sabato
Prende servizio il piantone di notte della caserma di Albenga. Nel verbale del giorno successivo spiega che al suo arrivo nelle celle di sicurezza sono presenti due persone. Scalabrin e un altro arrestato. Il militare spiega di aver sempre vigilato i detenuti “attraverso i monitor dell’impianto di videosorveglianza”. Il militare sottolinea che l’altro detenuto era in stato di agitazione dovuta probabilmente all’astinenza da stupefacenti.
Ore 03 assistenza ad un altro detenuto
Arriva una dottoressa della guardia medica per visitare l’altro detenuto. Il piantone nel suo rapporto scrive “si sentiva chiaramente il russare dello Scalabrin, guardavamo dallo spioncino e ci rendevamo conto che russava in maniera molto rumorosa”. Nel frattempo viene somministrata una terapia all’altro detenuto e alle 4 il piantone sveglia Scalabrin con un altro militare “gli chiedevamo dopo averlo svegliato se avesse bisogno di qualcosa e lui riferiva di voler andare in bagno”.
Dopo essere tornato dal bagno “beveva una bottiglia d’acqua fuori dalla camera di sicurezza, fumava una sigaretta e si sdraiava sul eletto per continuare a dormire”.

Ore 07 di sabato mattina
Prende servizio un altro piantone. Nel suo verbale riferisce di aver controllato i detenuti sul monitor. Alle 8.30 l’altro detenuto (che diventa a questo punto un importante testimone) chiede di andare in bagno e mentre viene accompagnato i due militari guardano Scalabrin che sembra stia dormendo voltato su un fianco.
Ore 10.30 arriva l’avvocato
Il verbale dei carabinieri prosegue raccontando che alle 10.30 arriva in caserma il difensore di Scalabrin. I militari a quel punto vanno in cella “ma nonostante i tentativi per svegliarlo on rispondeva e notavano una carnagione insolitamente pallida”. Scattava l’allarme.
Ore 11.20 arriva l’ambulanza
In caserma arriva l’equipaggio dell’auto medica del 118. Il dottore alle 11.40 constata il decesso e stima la “verosimile epoca della morte entro tre ore”.
Le indagini e le perplessità
Il medico legale nei prossimi giorni dovrà fornire un resoconto complessivo sull’orario e sulle cause del decesso. I famigliari di Emanuel, attraverso gli avvocati Lucrezia Novaro e Giovanni Sanna dello studio di Gabriella Branca hanno a loro volta nominato come consulente il medico legale Marco Salvi. I carabinieri negano atti di violenza e le prime indagini, come detto, sembrerebbero confermare questa tesi.
Restano però due punti da chiarire. Il tecnico incaricato dalla procura di esaminar le immagini della video sorveglianza ha scoperto che l’impianto era privo di hard disk. La procura vuole capire se il disco fisso fosse presente in precedenza o se invece l’impianto ne fosse sprovvisto e se questa sia una scelta dettata da direttive precise per tutte le celle di sicurezza delle caserme. Bisogna ricordare che Albenga è sede di una compagnia e non di una semplice stazione.
Altro punto da approfondire è il ritardo nell’allarme. Appare insolito che nessuno si sia curato di svegliare, per la colazione o per andare in bagno, il detenuto Scalabrin fino a quando non è arrivato il suo difensore.