Italia, Spagna, Francia, Giappone. La variante inglese non è più solo inglese: nuovi casi stanno emergendo in tutto il mondo. Secondo alcuni esperti, ai dribbling del virus dovremo abituarci. Specialmente con la diffusione dei vaccini. “L’immunità di gregge e l’immunità indotta dai vaccini, così come le terapie antivirali o altre strategie potrebbero esercitare una pressione selettiva e spingere il virus a sopravvivere e sfuggire” scrive ad esempio Ralph Baric, virologo dell’università del North Carolina, sul New England Journal of Medicine. “Questa pressione selettiva – si chiede l’esperto – farà aumentare la contagiosità del virus, modificherà la gravità della malattia o spingerà Sars-Cov-2 a estinguersi o ad andare verso altre specie ospiti?”.
Il vaccino, cioè, spingerà il virus a evolversi per sfuggire alle nostre strategie? È un po’ quel che avviene con gli antibiotici, il cui uso può far sviluppare ceppi di batteri resistenti. “A me piace citare Lucio Battisti, lo scopriremo solo vivendo” risponde Fausto Baldanti, responsabile del laboratorio di virologia molecolare del San Matteo e professore all’università di Pavia. “Siamo abituati ad associare alla parola mutazione qualcosa di cattivo. In realtà siamo di fronte a un processo di adattamento. Evolvendosi, in genere, un virus impara a non uccidere il suo ospite. Il suo interesse è diffondersi, non fare danni”. Il sistema immunitario, di per sé, è in grado di mettere il coronavirus sotto pressione. Anche senza vaccino. “Il nostro organismo è un ecosistema ostile, le nostre difese reagiscono in modo molto forte. Lo vediamo dal gran numero di contagiati con sintomi lievi”.
“Quando vengono usati farmaci contro un virus – spiega Andrea Cossarizza, immunologo dell’università di Modena e Reggio Emilia – può accadere che una mutazione alteri il sito dove il farmaco si va a legare, e quindi ne annulli l’efficacia. Tutti i virus sensibili a quel farmaco non si replicano più, tranne quello mutato, che diventa dominante. Con l’Hiv lo abbiamo visto molte volte, ma per affrontare questa infezione oggi abbiamo a disposizione molti farmaci”.

La nascita di ceppi resistenti a cure e vaccini, quindi, non è ipotesi remota. “Accade, di fronte a vaccini imperfetti” spiega Luca Ferretti, ricercatore di Genetica statistica e dinamica dei patogeni all’università di Oxford. Ferretti cita il caso (che coinvolge solo i polli) del virus di Marek. “È pericoloso perché induce tumori. I vaccini sono efficaci nel prevenire i tumori, ma non tanto nel fermare i contagi. Il risultato è stata la selezione nel tempo di un ceppo più virulento”.
Il parallelo con i nostri vaccini anti-Covid – efficaci nel mitigare i sintomi, ma non necessariamente nel prevenire le infezioni – è evidente. “Se dovessero verificarsi fenomeni di resistenza al vaccino – prosegue Ferretti – dovremmo essere bravi ed accorgercene in tempo. Riprogrammare vaccini nuovi e moderni come quelli contro il Covid, soprattutto se a Rna, non sarà particolarmente difficile né lungo”.
Le chance di fare un dribbling vincente con una mutazione, per il coronavirus, aumentano con un numero alto di contagi. “In Australia, dove i casi sono pochi, una variante eventualmente nata dopo una campagna vaccinale avrebbe meno opportunità di prendere piede” spiega Ferretti. “In caso di epidemia rampante invece è più facile che le mutazioni si diffondano”. In ogni caso non ci si aspetta che Sars-Cov-2 diventi camaleontico, come l’influenza. “A differenza dell’influenza – spiega Baldanti – il coronavirus ha un sistema di correzione delle bozze che cancella le mutazioni quando, ad ogni replicazione del genoma, avvengono in modo casuale. Questo riduce la variabilità, anche se non riesce ad eliminarla del tutto”.
Oltre alla mutazione inglese, negli ultimi tempi ne è stata notata un’altra in Sudafrica, prima ancora in Spagna. In precedenza avevamo fatto conoscenza con D614G, che effettivamente ha reso il coronavirus più contagioso. “Anche noi abbiamo osservato virus leggermente diversi fra Lodi e Bergamo” racconta Baldanti, che ha pubblicato i dati su Nature Communications. “E abbiamo visto che differenze ci sono state, nell’intensità dell’epidemia, fra le due città”. Sempre nel laboratorio di Pavia stasera sono stati individuati due casi di “variante inglese” in due viaggiatori sbarcati il 23 e il 24 dicembre a Milano Malpensa.
Altre mutazioni, aggiunge Cossarizza, “sono state descritte in tante altre parti del mondo, dalla Danimarca all’Australia, al Sudafrica, e sono presenti da tempo nei database internazionali che contano centinaia di migliaia di sequenze”. Nel caso della variante inglese, i ricercatori suggeriscono che terapie come il plasma dei convalescenti o il remdesivir possano aver messo “sotto pressione” il genoma del virus, spingendolo a mutare. “Non credo – è scettico Cossarizza – che la causa sia quella. Si tratta di approcci terapeutici di efficacia non molto alta”.
L’arrivo di più vaccini, la loro combinazione con farmaci come gli anticorpi monoclonali, il lento sviluppo di un’immunità di gregge tra i guariti, secondo Baldanti (che si vaccinerà domani) restano sempre una buona notizia. Il virus cercherà di trovare una via di uscita, tra queste barriere. “Ma le armi che abbiamo a disposizione sono tante, e di questo dobbiamo ringraziare la ricerca. Perché le battaglie quotidiane contro il coronavirus avvengono in ospedale. Ma è in laboratorio, con l’aiuto della scienza, che si vincono le guerre”.
I vaccini in arrivo, spiega il virologo, hanno il vantaggio di stimolare sia gli anticorpi (le proteine che neutralizzano il virus e gli impediscono di entrare nelle nostre cellule), sia le cellule T, incaricate di uccidere le cellule infettate che si dedicano alla fabbricazione di nuove particelle di virus. “Per quanto mutato, è difficile che il virus riesca a sfuggire a questo doppio attacco” spiega Baldanti. “In ogni caso, abbiamo tutti gli strumenti per controllare quel che accadrà. Siamo ricercatori. Non abbiamo certezze dogmatiche”.

L’ottimismo è condiviso da Cossarizza: “Non possiamo sapere cosa accadrà in futuro, ma sarei abbastanza tranquillo. I vaccini inducono una risposta immunitaria policlonale. Vuol dire che si formano molti linfociti che producono anticorpi contro porzioni diverse della proteina spike del coronavirus. Una mutazione potrebbe (ma siamo sempre nel campo delle supposizioni), diminuire l’efficacia di uno fra le centinaia di anticorpi diversi capaci di intercettare e bloccare il virus. Ma l’esperienza ci insegna che per sfuggire alla risposta immunitaria un virus deve accumulare moltissime mutazioni, e per farlo impiega molti anni. Gli anticorpi monoclonali, il cui uso potrebbe essere molto importante nelle prime fasi dell’infezione, sono stati disegnati per riconoscere porzioni molto conservate del virus”.
Una delle incognite restano le nostre abitudini sociali. Discoteche ieri e shopping di Natale oggi fanno parte di quelle variabili che rendono il comportamento di un virus imprevedibile. “Ricordo ai tempi di Ebola” racconta Ferretti. “Molti dei nostri esperti continuavano a chiedersi perché gli abitanti dei paesi africani colpiti continuassero ad abbracciare i loro morti, visto che quella era una fonte di contagio. Oggi vediamo quanta fatica ci costa rinunciare a mangiare insieme o a fare lo shopping natalizio”. I virus vincenti usano i recettori per entrare nelle nostre cellule. Ma trovano anche le chiavi giuste per insinuarsi tra le nostre abitudini e la nostra psicologia.
Quel che sembra sicuro, fra tante mutazioni, è che il genoma di Sars-Cov-2 è comunque in movimento. La direzione è quella di una maggior contagiosità, anche se l’annuncio dei bambini più colpiti resta tutta da verificare. “Abbiamo visto un aumento dei casi tra i 10 e i 19 anni” spiega Ferretti. “Ma non siamo sicuri che la causa sia la mutazione”. In Gran Bretagna in questo periodo le scuole sono rimaste aperte nonostante il lockdown.
L’arrivo dei vaccini potrebbe aumentare la velocità dell’evoluzione del coronavirus, ma secondo Baldanti non cambierà il corso della guerra. “Conviviamo con altri quattro coronavirus che ci fanno venire un raffreddore e che chissà, forse in passato erano terribili come questa pandemia. Con Sars-Cov-2 forse stiamo assistendo alla nascita del quinto raffreddore”. A vincere, insomma, non sarà né lui né noi. “E’ più probabile che si arrivi a una tregua”.
In ogni caso, sottolinea Cossarizza, “è necessario essere veloci a vaccinare tutti, e ovunque. La partita a scacchi fra noi e il virus non sarà breve. Abbiamo mosso i pezzi per secondi, quindi abbiamo il nero, e per ora non siamo nelle condizioni di dare al coronavirus lo scacco matto in due mosse. Ma sono convinto che abbiamo le capacità di diventare maestri, mangiare un pezzo dell’avversario dopo l’altro, e portare a casa lo scacco matto”.