ROMA – L’Italia è un Paese sempre più vecchio. La conferma arriva dai primi dati del censimento permanente della popolazione diffusi dall’Istat. Tutte le classi di età sotto i 44 anni vedono diminuire il proprio peso relativo rispetto al 2011 mentre aumentano molto le persone dai 45 anni in su che passano dal 48,2% del 2011 al 53,5% del 2019.
L’età media si è innalzata di due anni rispetto al 2011, da 43 a 45 anni. La Campania, con 42 anni, è la regione con la popolazione più giovane, seguita da Trentino Alto Adige (43 anni), Sicilia e Calabria (entrambe con 44 anni). La Liguria si conferma la regione con l’età media più elevata (49 anni). Anche nel 1951 la Campania e la Liguria erano la regione più giovane e quella più vecchia ma, per entrambe, l’età media risultava più bassa di 13-14 anni rispetto a quella registrata nel 2019.
Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana appare “ancora più evidente nel confronto con i censimenti passati”. L’Istat spiega che “il numero di anziani per bambino passa da meno di uno nel 1951 a 5 nel 2019 (era 3,8 nel 2011)”: anche l’indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) “è notevolmente aumentato, dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (148,7% nel 2001)”. Il comune più giovane è Orta di Atella, in provincia di Caserta, con una età media di 35,3 anni; quello più vecchio è Fascia, in provincia di Genova, dove l’età media supera i 66 anni.
“Non è ancora finito il 2020, ma una valutazione ragionevole fa pensare che quest’anno supereremo il confine dei 700mila decessi complessivi, che è un valore preoccupante perché una cosa del genere l’ultima volta, in Italia, era successa nel 1944. Eravamo nel pieno della seconda guerra mondiale”. A illustrare i numeri dai quali si deduce anche il peso della pandemia Covid, è stato, durante la trasmissione Agorà su Rai Tre, il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. “Nel 2019 – precisa – il dato era stato di 647.000 morti”.
Il comune più grande è Roma con 2,8 milioni di abitanti, mentre quello più piccolo è Morterone, in provincia di Lecco, con 30 abitanti.
Più donne che uomini: sono il 51,3% del totale
La struttura per genere della popolazione residente si caratterizza per una maggiore presenza di donne. Nel 2019 le donne sono 30.591.392 – il 51,3% del totale – e superano gli uomini di 1.541.296 unità.
Il maggior peso della componente femminile, dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione e alla maggiore speranza di vita delle donne, fa sì che in Italia ci siano 95 uomini ogni 100 donne. Tuttavia, la struttura di genere è in maggiore equilibrio rispetto al 2011, quando il rapporto di mascolinità era pari al 93,5%.
Le differenze territoriali sono poco significative. Il rapporto di mascolinità più basso è nell’Italia Centrale (93,6%), il più alto al Nord-est (95,6%). Tra le regioni, il valore minimo è della Liguria (91,9%), come nel 2011 (89,5%). Quello massimo si registra in Trentino-Alto Adige (97,2%), seguono Molise (97%), Basilicata (96,8%) e Sardegna (96,6%). Ci sono però 2.495 comuni (il 31,5%, dal 23,5% del 2011) dove il rapporto di mascolinità risulta sbilanciato a favore della componente maschile, con il primato che spetta a due municipalità del cuneese, come nel 2011: Briga Alta (223,1%) e Castelmagno (181%). Di contro, a Malvicino, in provincia di Alessandria, si contano appena 73,3 uomini ogni 100 donne.