I Carabinieri del comando provinciale di Trapani e gli ufficiali della Direzione Investigativa Antimafia hanno arrestato Giuseppe Costa, per associazione mafiosa. Torna in carcere l’uomo che aveva realizzato la cella dove venne segregato il piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio dodicenne del collaboratore di giustizia Mario Santo, poi ucciso e sciolto nell’acido.
Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Francesca Dessì dicono che Costa era tornato ad avere rapporti con la famiglia mafiosa di Trapani. Avrebbe partecipato ad alcune riunioni in cui si discuteva di voti per le elezioni regionali del 2017.
[[ge:rep-locali:rep-palermo:278842191]]Fu lo zio della moglie di Costa, Vito Mazzara, a prendere accordi con Matteo Messina Denaro e Giovanni Brusca per la detenzione del piccolo Di Matteo. Costa mise a disposizione la sua casa nella frazione di Purgatorio. Il piccolo arrivò incappucciato, dentro il portabagagli di un’auto, e venne rinchiuso nella cella realizzata da Costa. Poi dopo un certo periodo venne trasferito.
Ora, l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Piergiorgio Morosini ricostruisce un incontro riservato che Costa avrebbe avuto con Antonino D’Aguanno, sua moglie era candidata con l’Udc alle Regionali del 2017. Di recente, l’uomo è stato condannato a 3 anni e 4 mesi per voto di scambio politico mafioso, la moglie è stata invece assolta perchè secondo i giudici sarebbe stata all’oscuro delle trame del marito per ottenere i voti della mafia.
ll 6 novembre 2017, Giuseppe Costa chiese a un’amica: “Ieri sei andata a votare?”. La risposta fu eloquente: “Si vita mia, ho fatto come mi hai detto tu, stai tranquillo”. Ma la candidata del boss non venne comunque eletta, non arrivò neanche a 900 voti.