Cosa state perdendo? «Fiducia, sicurezza, futuro», rispondono veloci. Solo che difficilmente qualcuno glielo chiede, chiusi nelle loro stanze, prigionieri della Dad. E «coi prof che pretendono e ci caricano di compiti perché pensano che noi facciamo i furbi dietro a uno schermo», si sfoga Flavia Cascià, 15 anni, studentessa al classico Ugo Foscolo di Canicattì. Si sentono un po’ persi e molto dispersi, reclamano il banco al posto della scrivania di casa, «perché ti manca la sigaretta che ti fumi all’uscita, i saluti in corridoio, l’ansia condivisa prima di una verifica», racconta Mattia Tallone. «Fa tanto stare coi compagni — concorda Claudia Perla, liceale al Palumbo di Brindisi — non ci sentiamo capiti dai prof, ci vuole un gran sforzo mentale per affrontare ogni giorno sei ore di Dad». Emmanuel Messina, maturando al Convitto Falcone di Palermo, è un tipo deciso: «La scuola è anche il luogo dove impari a vivere in società, che è fatta di presenza». Ecco. Coi loro volti connessi parlano di futuro nella mega assemblea di istituto online promossa da ScuolaZoo: dieci istituti collegati, da Verona ad Agrigento, diecimila studenti e prof coinvolti, oltre tremila i partecipanti quando si accende la diretta, «Ci siete ragazzi?». Con Matteo Altieri, fondatore di House of Talent, ed Emanuele Lambertini, campione paralimpico di scherma, a dare la carica: «Date senso alla vita». Una community che ha voglia di comunità. E di farsi sentire. «La ministra Azzolina ci ascolta per tre minuti, ma poi è tutto già deciso».
«Vogliamo rientrare in classe, ma ci diano linee guida chiare e un sistema scolastico diverso — dice Francesco Beltrame, 18 anni, collegato dalle Marche — I Dpcm? Mi metto nei panni di chi è più in alto di noi, capisco». Però, sempre Emmanuel, «si fa fatica coi divieti delle libertà personali, siamo stremati perché anche il lockdown ha delle conseguenze». Quali le sintetizza Flavia: «Certe volte ho male alle gambe perché mi alzo dalla scrivania solo alla sera. Anziché chiudere le scuole, perché non chiudono i bar? Socializziamo in aula, al sicuro con le mascherine. Io non sto bene al 100% qui sola immersa in pensieri negativi». La paura del virus c’è, la provano e per questo dicono: rientro ok, ma dipende dalle condizioni. «Qui a Verona siamo messi male — racconta Giulia Felici del Da Vinci di Cerea — proviamo un sentimento di oppressione: non è colpa di nessuno, ma questo è. Prima del Covid eravamo già incerti sul futuro, ora è anche peggio». Spiega Mattia Tallone, istituto Paciolo-D’Annunzio di Faenza: «L’interrogazione in Dad è forse più facile, ma ti mette più ansia. E poi non stacchi mai, nella mia classe c’è chi è stato interrogato alle sette e mezza di sera». I maturandi non si sentono pronti all’Esame. Laurentiu Strimbanu, che studia al Pacioli di Crema, osserva: «In Europa vanno a scuola, ne sapranno più di noi». Perché non c’è niente da fare con la Dad, «io non mi ricordo la partita doppia anche se magari ho preso 8 nella verifica» e le «versioni di greco e latino non riesci a farle», insiste Alessandra Ferroni da Palermo. È un coro, «ci ascolteranno?».
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