Scivolano su una legge del 1960 i vertici piemontesi della Lega e di Forza Italia che finiscono sotto inchiesta per il caso elettorale di settembre scorso del Comune di Moncalieri e delle liste “contraffatte” all’ultimo momento, con la cancellazione del nome del candidato Stefano Zacà dagli elenchi del Carroccio.
Tra Lega e Forza Italia, secondo l’accusa, ci sarebbe stato un accordo per eliminare Zacà, che aveva voltato le spalle a Forza Italia e si era rivolto agli amici leghisti per correre ugualmente alle elezioni. Un affronto che rischiava di creare un precedente tra i due partiti alleati, che alla fine, per scongiurare un attrito insuperabile, avevano sacrificato il candidato scomodo. Zacà però non si è arreso e, anzi, ha dato battaglia.
Dopo il braccio di ferro davanti al Tar e al Consiglio di Stato, concluso con il reinserimento del candidato di centrodestra alle Comunali, la vicenda ora approda anche in procura grazie a un esposto dei Radicali, e porta guai al coordinatore piemontese di Forza Italia, Paolo Zangrillo, fratello minore di Alberto, medico personale di Silvio Berlusconi; al segretario regionale della Lega, Riccardo Molinari; a quello provinciale Alessandro Benvenuto e a un altro militante leghista di Moncalieri, Fabrizio Bruno.
I pm Enrica Gabetta e Gianfranco Colace hanno notificato e tutti e quattro oggi l’avviso di conclusione indagini per la violazione dell’articolo 90 del decreto 570 del 1960 che prevede la pena da uno a sei anni di reclusione per “chiunque formi falsamente, in tutto o in parte, le schede o altri atti destinati alle operazioni elettorali o alteri uno di tali atti veri, o sostituisca, sopprima o distrugga in tutto o in parte uno degli atti medesimi è punito con la reclusione da uno a sei anni”.