“Buongiorno, sono Fatima, ho letto il vostro annuncio al quale sono interessata. È ancora disponibile? Grazie”. “Il suo nome mi dice che lei è araba quindi niente da fare”. Rovigo, 11 dicembre 2020. La risposta arriva alle 14.07. Tutto documentato su Whatsapp. Tutto, ovvero un caso di discriminazione razziale punibile con la legge 215 del 2003, secondo la quale non si può discriminare nessuno in base alla nazionalità quando si tratta di accesso al lavoro, ai servizi (per esempio l’affitto di una casa), alla formazione e alla sanità.

Fatima cercava un posto come colf. Adesso ha scelto di denunciare la persona di Adria, alle porte di Rovigo, che non ha neanche preso in considerazione la sua proposta perché il nome che porta ‘dice che è araba’.
Nata in un paesino vicino a Casablanca, in Marocco, 25 anni fa, in Italia dal 2007 con i genitori e due fratelli, un diploma all’istituto alberghiero di Adria, fino allo scorso febbraio Fatima lavorava come cuoca in un ristorante. Ma il locale dallo scorso inverno è chiuso a causa della pandemia e per questo si era decisa a rispondere a un annuncio di un sito, accettando di fare le pulizie. “Chiederemo il risarcimento del danno – spiega la sua avvocata Cathy La Torre -. E chiederemo, come prevede la legge, che la sentenza venga pubblicata su un quotidiano nazionale. Questa testimonianza deve avere risalto e far riflettere sulla condizione di perpetua dicriminazione che vivono moltissime persone nel nostro Paese”.
Risponde all’annuncio di lavoro ma viene scartata perché araba: la denuncia di Fatima
“Mi sono sposata a febbraio – racconta Fatima – e da allora ho mandato il mio curriculum un po’ ovunque. Ma se allego la foto col velo, neanche mi chiamano. Poi quando arrivo lì, anche se non copro il volto, sento la diffidenza. E tante volte dopo un colloquio mi sono chiesta cosa avessi che non andava. Ormai ho anche tanta esperienza, sono nel campo della ristorazione da sei anni. A Rovigo ho sempre trovato posti stagionali grazie ai professori del mio istituto alberghiero, o grazie a conoscenze”.
Questa volta ci aveva provato con le pulizie a ore. “I ristoranti sono chiusi, vorrei mettere via un po’ di soldi per iscrivermi all’Università, facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione, per cambiare strada, crescere. Volevo farlo anche a 19 anni, ma dovevo aiutare la mia famiglia, mio padre è invalido. Ora ho deciso che a settembre mi iscriverò a Ferrara per poter frequentare online e continuare a lavorare, se me lo permetteranno”.
Parla in “rovigotto”. “Io qui in Italia ho fatto medie e superiori, mi sento più italiana che marocchina. Penso e sogno in italiano, non in arabo. A scuola non ho ottenutto la borsa di studio Erasmus, con un’esperienza di sei mesi all’estero, perché non ero italiana. Da due anni ho inoltrato la richiesta ufficiale di cittadinanza. Aspetto, sono testona, ce la farò”.