Hanno deciso di salire sull’ultimo treno per andare in pensione con qualche anno di anticipo. Alcuni avevano già meditato di lasciare la cattedra e salutare definitivamente compiti in classe e interrogazioni da tempo. Altri, tra acciacchi di salute e didattica a distanza, hanno preso la decisione nell’ultimo anno. Sta di fatto che i primi dati sui pensionamenti degli insegnanti, che concluderanno la propria carriera il prossimo 31 agosto, raccontano di un boom di richieste avanzate con 62 anni di età e almeno 38 di servizio: la cosiddetta Quota cento approvata dal governo giallo-verde un paio di anni fa. Una misura che scadrà nel 2021 e che consente per l’ultimo anno a maestri e professori di lasciare il lavoro con 4/5 anni di anticipo rispetto alle soglie fissate dalla legge Fornero.
Per il personale della scuola, le istanze andavano presentate online entro lo scorso 7 dicembre con i requisiti, 62 anni di età e 38 di servizio, che vanno maturati entro il 31 dicembre del 2021. Quest’anno, in totale sono quasi 27mila e 600 i docenti che hanno chiesto di andare in pensione. Il dato è in crescita di circa mille e 200 unità rispetto all’anno precedente, il 4,8% in più. Letta nel suo complesso non si tratta di una vera e propria fuga. Analizzando però i dati più attentamente emerge un altro fenomeno interessante: il numero di coloro che hanno chiesto di lasciare il lavoro approfittando di Quota 100 si impenna rispetto al 2019 e per la prima volta supera il numero di chi ha preferito prolungare la permanenza in cattedra fino ai 66 anni e 4 mesi: quasi 16mila contro 13mila e 400 che andranno in pensione con la legge Fornero. In altre parole, mentre i primi aumentano del 19% i secondi addirittura decrescono del 5%.
Nei due anni precedenti si verificò il contrario. Per una categoria di lavoratori sempre più anziana, che fa fatica a seguire i cambiamenti introdotti negli ultimi anni e le travolgenti novità della didattica a distanza, la decisione di anticipare il congedo è quasi scontata. Carla insegna in una scuola media del centro di Milano e confessa che la “decisione di lasciare il lavoro in anticipo l’aveva già presa prima del lockdown”. “Con la legge Fornero – spiega – avrei dovuto proseguire per altri tre anni e anche se le motivazioni ci sono ancora, per questioni familiari e per motivi di salute ho preferito presentare domanda per andare in pensione. È stato – ammette – un anno difficile soprattutto per gli alunni, personalmente non mi ha pesato tanto la didattica a distanza. Ma certamente – prosegue – le difficoltà legate alla connessione e agli alunni con strumenti elettronici non adeguati non si possono nascondere”.
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Poi, si ferma a pensare ai colleghi che hanno sofferto i continui stop & go imposti alle lezioni dal Covid-19, con i docenti più in avanti con l’età che in pochissime settimane si sono dovuti inventare competenze tecnologiche che non pensavano di potere acquisire, e ai genitori che rispetto al passato sono decisamente cambiati . “In generale l’atteggiamento nei confronti degli insegnanti è cambiato moltissimo – conclude – anche per una sorta di diffidenza nei confronti della scuola subentrata negli ultimi anni”. Così, congedarsi in anticipo diventa (quasi) necessario. Secondo una indagine condotta nel 2019 dalla Cisl scuola su chi aveva deciso di abbandonare la cattedra con quota 100, la fatica degli insegnanti emergeva tutta: oltre metà del campione intervistato (il 52%) aveva presentato istanza per “stanchezza” e perché “aveva già lavorato abbastanza”. Tra i maggiori fattori di stress, la crescente complessità della scuola e i rapporti spesso conflittuali con le famiglie. E ancora l’emergenza sanitaria doveva arrivare.