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Spostamenti tra Comuni a Natale: raggio di 20 km o limite provinciale, ma senza accordo potrebbe saltare tutto

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12 Dicembre 2020
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Diventano 50 i milioni di italiani che abitano in zona gialla, mentre si complica terribilmente la possibilità di modificare il decreto che blocca gli spostamenti tra Comuni nei tre giorni di festa del 25 e 26 dicembre e primo gennaio. Ieri la Cabina di regia ha fatto il suo monitoraggio e ha trovato dati dell’andamento dell’epidemia in discesa un po’ ovunque.

Lombardia, Piemonte, Calabria e Basilicata, dunque, da domani, sulla base di un’ordinanza del ministro alla Salute Roberto Speranza, entrano in zona gialla, dove si trovano altre dieci Regioni più la Provincia di Trento.



In zona arancione restano per un’altra settimana Toscana, Campania, Val d’Aosta e Provincia di Bolzano. Diventa arancione pure l’Abruzzo (che oggi sarà rossa perché il Governo ha vinto il ricorso al Tar contro la Regione che aveva deciso di ridurre le misure restrittive senza il suo consenso) e a rigor di Dpcm dovrebbe restare in quella condizione fino al 27 dicembre.

A rendere una corsa contro il tempo la modifica del decreto col blocco degli spostamenti a Natale è una ragione tecnica finora sottovalutata: per rendere effettivi i ritocchi è necessario che il dl venga approvato in via definitiva e pubblicato in Gazzetta ufficiale entro il 24 dicembre. Se questa tempistica non venisse rispettata, resterebbe in vigore la disposizione originaria, che vieta tutti i movimenti. E questo, magari, mentre una mozione al Senato sconfessa il contenuto di una legge all’esame della Camera.

Ma c’è di più: un ramo del Parlamento – proprio la Camera – è impegnato nella sessione di bilancio per la manovra. Può trovare un “buco” per modificare e approvare il decreto. E lo stesso deve avvenire al Senato. L’ipotesi è quella di far approdare il decreto nell’Aula di Montecitorio giovedì 17 dicembre. E poi votarlo il 18 a Palazzo Madama. Ma questo iter accelerato è possibile soltanto se tutte le forze politiche, anche d’opposizione, sono d’accordo. E qui il pasticcio diventa ancora più complesso.



Il centrodestra vuole annullare del tutto il divieto, al massimo è disposto ad accettare un raggio di spostamento di almeno venti chilometri, oppure un limite provinciale. Sul fronte opposto, Roberto Speranza e Francesco Boccia: il governo dia parere contrario a una mozione o a un emendamento, questa la loro opinione, e siano semmai le Camere a cancellare il rigore necessario. Conte, che vuole evitare di finire battuto in Aula, dice di poter accettare interventi contenuti, ispirati alla “massima cautela” e deliberati dal “Parlamento sovrano, che se ne assume la responsabilità”. La mediazione proposta dal premier è che si intervenga solo per i “Comuni più piccoli e in un raggio chilometrico contenuto”, ma non è detto che basti ai senatori dem e a Italia Viva. L’esecutivo teme che, di fronte a una terza ondata, gli venga rimproverato l’allentamento.

Le alternative sono entrambe al limite: approvare una Faq che estenda di un po’ i diritti di movimento (ma creando un precedente pesante, perché la norma vieta i movimenti tra tutti i comuni). Oppure, addirittura, emanare un nuovo decreto legge che abroghi il precedente e preveda un nuovo regime meno rigido sugli spostamenti intercomunali. In base ai dati della Cabina di regia solo il Molise ha l’Rt sopra 1 e quello nazionale è 0,82. A preoccupare i tecnici c’è l’incidenza ancora alta in alcune Regioni, in particolare in quelle che sono state sempre gialle.

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Veneto, Sardegna, Puglia, Provincia di Trento e Emilia, sono considerate ancora a rischio alto e invitate a prendere nuove misure di mitigazione. In generale si chiede di evitare un rilassamento delle misure “ivi comprese quelle della mobilità”. Altrimenti si rischia di “determinare una rapida inversione della tendenza con una ripresa del contagio in un contesto di incidenza ancora molto elevata che avrebbe conseguenze molto gravi per il Paese”.



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