Il Covid ha costretto tutti a un cambiamento radicale delle proprie abitudini. Ha imposto il distanziamento, le mascherine e l’isolamento. Molte aziende si sono interrogate per trovare sistemi che superassero in parte i problemi creati dalle norme anticontagio. Così sono nate le stanze degli abbracci, capsule gonfiabili a tenuta stagna con maniche di materiale plastico morbido che permettono il contatto fisico tra le persone senza, però, rischiare il passaggio anche del virus.
Ma quelle stesse stanze potrebbero non diventare inutili una volta che la pandemia sarà superata e le persone potranno tornare ad abbracciasi come prima. Ci sono categorie di persone per cui il distanziamento è una necessità anche senza il Covid, pazienti e malati che devono ridurre al minimo i contatti con l’esterno.
Sono, ad esempio, i pazienti immunodepressi. “Non è una tecnologia che sarà accantonata anche una volta superata l’emergenza perché tutto quello che ci aiuta a rendere la medicina più umana e mantenere il paziente isolato senza negargli un contatto con il mondo esterno non va messo in cantina ma usato”, commenta Franca Fagioli, direttrice del reparto di oncoematologia del Regina Margherita.
L’ospedale infantile torinese, infatti, ha acquistato in queste settimane quattro stanze degli abbracci “formato reparto”, “Sono delle capsule gonfiabili ma più piccole, che si montano all’ingresso delle stanze dei pazienti. Tre quarti dello spazio è occupato dal visitatore che incontra il paziente dietro la protezione del materiale plastico”, spiega Davide Morando, titolare della Sport Promotion che ha costruito le stanze acquistate al Regina Margherita e che domani consegnerà una stanza in più donata dall’azienda stessa e dal cavaliere Carlo Olmo, filantropo di Vercelli.
Una di queste stanze è già stata utilizzata qualche settimana fa per permettere ai bambini del Regina Margherita di incontrare il calciatore della Juventus Matthijs De Ligt, per portare regali e magliette.
Magliette juventine e un sorriso, la sorpresa di de Ligt ai piccoli pazienti del Regina Margherita
Un’ora assieme ai piccoli ricoverati del reparto di Oncoematologia pediatrica, diretto dalla professoressa Franca Fagioli, dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino: è stato questo il pomeriggio di Matthijs de Ligt. Il giovane e roccioso difensore della Juventus, insieme con la compagna Annekee, ha distribuito regali di Natale bianconeri tramite appositi sistemi di isolamento, oltre a donare un sorriso e qualche momento di spensieratezza ai piccoli malati.
“L’umanizzazione della medicina è fondamentale sempre e lo è ancora di più in oncologia pediatrica – racconta Fagioli – In questi mesi abbiamo dovuto cambiare molte abitudini per attenerci alle norme Covid. I genitori ad esempio non possono più darsi il cambio come prima ma devono rimanere in camera con il paziente per quindici giorni di fila prima che l’altro genitore possa dare il cambio, e questo si aggiunge in un contesto già difficile di malattia tumorale. Per questo abbiamo cercato tutti gli strumenti possibili per permettere l’incontro con i visitatori che arrivano dall’esterno”.
La separazione di percorsi “puliti” e “sporchi” nel reparto di oncoematologia esiste da tempo “per sconfiggere i germi multiresistenti, uno degli obiettivi dell’organizzazione mondiale della sanità del 2030 – conclude Franca Fagioli – Se anche queste stanze saranno uno strumento utile in futuro, non le lasceremo in magazzino. Al massimo si potrà lavorare per migliorarle ancora di più per le esigenze di un reparto»