Prima ce ne sono state altre dieci. Ma questa undicesima monografia firmata dalla Fondazione Renzo Piano ha un sapore tutto speciale. E non si dica che è la più bella, solo perché è l’ultima che è stata realizzata. Di certo è la più carica di suggestione, di forza emotiva e sicuramente anche quella che nessuno avrebbe mai voluto fare, così come nessuno avrebbe mai voluto costruire il nuovo ponte, nato solo perché quello precedente è crollato con il suo carico di morte. Ma proprio dalla tragedia Genova ha iniziato a scrivere una nuova pagina della sua lunga vita, realizzando in meno di due anni una nuova infrastruttura si cui appunto si concentra l’undicesima monografia della fondazione che porta il nome dell’architetto e che è guidata da Lia, sua figlia.
Il titolo è semplicemente il nome dell’infrastruttura, “Ponte Genova San Giorgio” curato dalle Edizioni Fondazione Renzo Piano a cura di Lia Piano, Elena Spadavecchia.

A sintetizzare il lavoro i curatori hanno scelto una frase emblematica di Renzo Piano, quasi un paradigma di progettualità.
«Costruire questo ponte è stato come costruire una cattedrale — spiega l’architetto — Io l’ho immaginato, ma ha preso forma solo nel momento in cui è diventato un’opera corale, grazie al lavoro di oltre mille persone. È stato il più bel cantiere che abbia avuto in vita mia. Semplicemente straordinario». Le parole sono quelle che Piano ha pronunciato la mattina del 3 agosto 2020, giorno dell’inaugurazione del Ponte Genova San Giorgio. Pronunciate lentamente, anche per stemperare un’emozione figlia di un momento davvero fuori dall’ordinario, quale appunto la fine dei lavori. Per due anni quell’area che all’inizio era un cumulo di macerie è stata un cantiere complesso, o meglio una somma di tanti cantieri che ha marciato in parallelo, consentendo di accelerare i tempi senza mai cedere alla fretta. Il risultato finale è un ponte essenziale, ottenuto con uno sforzo corale enorme, semplice per scelta progettuale, ben sapendo che proprio questa ricerca dell’essenzialità, della sobrietà, sarebbe stata lo sforzo più impegnativo.

Il volume curato da Lia Piano e da Elena Spadavecchia arriverà in libreria nei prossimi giorni e sarà appunto la sintesi di questa «avventura professionale, ma soprattutto umana, indimenticabile». Inserito all’interno della collana monografica dedicata ai progetti iconici realizzati da Renzo Piano, racconta per immagini l’intero percorso, dalla demolizione del Ponte Morandi a oggi. E si chiude con l’elenco degli oltre mille che si sono dedicati alla nascita del Poponte. Ma prima di arrivare a questo doveroso omaggio, ecco più di cento disegni, schizzi inediti, modelli e prototipi, annotazioni e foto di cantiere.
«In questo modo — spiegano i curatori — viene documentato l’intero iter, compresi i diversi passaggi progettuali, le proposte poi modificate o abbandonate nel progetto definitivo e i ripensamenti. Il racconto di Renzo Piano, raccolto appositamente nel luglio 2020, a poche settimane dall’apertura del ponte, è stato registrato e trascritto fedelmente nel volume. Questo libro diventa così un taccuino di viaggio che accompagna il lettore in ogni fase di quella straordinaria avventura che è il mestiere di progettare e costruire edifici». Perché come racconta Renzo Piano «costruire è l’opposto di distruggere, è edificare. E costruire un ponte è un gesto di pace. I muri non bisognerebbe costruirli, i ponti sì, e farne tanti».
