Dopo l’hotel Champagne, nella complicata storia dell’inchiesta di Perugia sull’ex pm Luca Palamara entra un altro teatro di scambi e di confidenze. La terra rossa del campo da tennis di un circolo della Capitale. Dove Palamara organizzava partite con il pm e amico Stefano Fava, con l’obiettivo (non dichiarato) di carpire informazioni su indagini coperte dal segreto istruttorio. Eccolo il primo canale da cui attingeva notizie segrete che poi — secondo l’accusa — girava agli amici, interessati perché coinvolti in quelle stesse indagini: il lobbista Fabrizio Centofanti e l’avvocato Piero Amara. Palamara aveva poi un altro canale aperto: il procuratore generale di Messina Vincenzo Barbaro. Che — secondo la ricostruzione fatta a Perugia — era stato aiutato proprio da Palamara ad ottenere quella nomina. I due canali serviano all’ex magistrato per continuare a godere dei benefit che la generosa riconoscenza del “gruppo di amici” gli garantiva: voucher per ristrutturazioni edili, viaggi, feste e gioielli.
L’inchiesta segna un cambio di passo, di sostanza e di immagine. La procura di Perugia ha formalizzato ieri nuove imputazioni a carico dell’ex pm, tra cui la corruzione in atti giudiziari e la corruzione nell’esercizio delle sue funzioni. Accuse che niente hanno a che vedere col “Sistema” da lui denunciato in tv e nel suo libro, col quel mercato delle nomine nel mondo della magistratura, con il “così fan tutti” dietro cui lui stesso si nasconde. Per i titolari dell’indagine di Perugia, il procuratore Raffaele Cantone e i sostituti Gemma Miliani e Mario Formisani, Palamara ha messo a disposizione dei “gruppo di amici” il suo ruolo di magistrato, potente perché «esponente di spicco dell’Associazione nazionale magistrati» e componente di peso del Csm. Per la natura delle sue relazioni, poteva «acquisire informazioni riservate», «influenzare o determinare le scelte», e dunque «favorire gli imputati di un processo penale». Tutto non certo per amicizia, ma in cambio di vantaggi personali: vacanze, lavori edili, gioielli.
Fondamentali, per il cambio di imputazione, gli interrogatori della scorsa settimana di Amara e dell’avvocato Giuseppe Calafiore. Hanno consegnato agli inquirenti elementi nuovi, riscontrati dalla guardia di finanza attraverso le chat, le telefonate, il gps dell’auto di Centofanti. È stato ricostruito come Palamara abbia incontrato, chiesto e ottenuto informazioni sulle indagini che riguardavano Centofanti e Amara da colleghi magistrati (non indagati). In un caso è passata di mano una pen drive contenente un’informativa della procura di Messina. Tre le fughe di notizie: Amara era indagato a Roma; i fascicoli di indagine erano stati riuniti e vi lavorava un pool di pm guidato da Paolo Ielo; si era creato un coordinamento tra gli uffici delle procure di Milano, Roma e Messina.
Palamara: “Porterò sempre la toga nel cuore, ho pagato per tutti”
Non è chiaro se Palamara sia riuscito ad ottenere informazioni da Barbaro, che ieri ha annunciato querele, bollando la ricostruzione come “fandonia”. È un fatto, però, che Barbaro, dopo un incontro a Roma il 10 ottobre 2017 con Palamara, abbia sentito l’esigenza di avvertire il procuratore di Messina Maurizio De Lucia. Fava, invece, è quello delle partite a tennis. Cosa lo avrebbe spinto a fare confidenze a Palamara? Per i pm di Perugia, l’astio che provava nei confronti dell’allora capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone. Alimentato e assecondato, furbescamente, da Palamara.