L’AQUILA – Acque agitate ed aria di espulsioni e scissioni in seno alla Lega: in particolare nel gruppo regionale che con i suoi 10 consiglieri sui 17 del centrodestra è l’azionista di maggioranza della coalizione che sotto la guida di Marco Marsilio, di Fdi, governa la Regione dopo la netta vittoria alle elezioni del febbraio del 2019.
A far emergere i malumori di un partito che alla luce del 27,5 per cento ottenuto nella consultazione del 2019 può contare anche su 4 assessori su 6 nell’esecutivo regionale, hanno contribuito i risultati e l’andamento della campagna elettorale relativi alle amministrative di inizio ottobre, quando in Abruzzo si è votato in 72 comuni: i salviniani hanno retto l’onda d’urto di una tornata difficile anche considerando la crescita esponenziale dei rivali di Fdi che a livello nazionale ha superato il Carroccio, ma che in campo regionale non ha sfondato. Ciò nonostante, e in un quadro di riferimento in cui entrambi i contendenti hanno rivendicato la vittoria, i meloniani stanno lavorando ad un piano preciso: ridimensionare lo strapotere dei salvinani, ridisegnare la geopolitica della Regione, ponendo le basi per nuove tensioni in maggioranza giunta al giro di boa della legislatura.
Ma se da una parte la spaccatura in seno alla Lega sembra evidente, dall’altra sono in azione i pontieri per cui, secondo quanto si apprende da fonti interne al partito, la “guerra” interna potrebbe rientrare, se non totalmente, in larga parte. Comunque, con qualche “vittima” sul terreno.
Allo stato attuale, la situazione è fluida con due fronti aperti, uno nazionale e uno locale: innanzitutto, la questione Abruzzo è al vaglio dei vertici nazionali con Roma che stanno osservando il caso, di concerto con il coordinatore regionale, il deputato aquilano Luigi D’Eramo, ritenuto un fedelissimo di Salvini e in tal senso si stanno esaminando le posizioni di Emanuele Marcovecchio, consigliere regionale dell’area vastese, Antonio di Gianvittorio, consigliere eletto nel collegio teramano e presidente della commissione Immigrazione, già accostato in passato a Fdi, e di Simone Angelosante, inquilino di palazzo dell’Emiciclo eletto in provincia dell’Aquila, e anche sindaco di Ovindoli dove il 4 ottobre scorso è stato clamorosamente sconfitto perdendo la poltrona di primo cittadino a favore del maestro di sci Angelo Ciminelli. I tre sono sulla graticola in ambito nazionale per i “tradimenti” alle ultime elezioni amministrative, soprattutto Marcovecchio che a Vasto, uno dei cinque comuni sopra i 15mila al voto, ha appoggiato una lista civica anziché il candidato del centrodestra Guido Giangiacomo, andato al ballottaggio per poi perdere con il centrosinistra del riconfermato sindaco, Francesco Menna.
Secondo quanto si è appreso da fonti romane, per il presidente della commissione della commissione Territorio e Ambiente tirerebbe aria davvero brutta: e dalle stanze romane potrebbe uscire anche un provvedimento di espulsione. Anche gli altri due sarebbero nell’occhio del ciclone per avere fatto campagna elettorale per il “nemico” in provincia dell’Aquila e in quella di Teramo. A Roma non è sfuggito poi il fatto che nelle settimane precedenti al voto e nel pieno dello scontro al vertice del partito, i tre sono stati avvistati al comizio del ministro Giancarlo Giorgetti a Roseto, dove il centrodestra ha perso, ed assenti in quello di Salvini a Lanciano, unica delle 5 città sopra i 15mila abitanti dove il centrodestra, con la Lega primo partito, ha vinto al ballottaggio.
Intanto, nella direzione opposta, dall’Abruzzo è giunto a Roma un documento in cui si denuncia la gestione personalistica e il dialogo insufficiente firmata da 5 dei 10 consiglieri salvianini, oltre ai tre sotto “inchiesta”, Antonietta La Porta di Sulmona, e il presidente della commissione Bilancio, Fabrizio Montepara, eletto in provincia di Chieti, rispettivamente subentrati in consiglio per le nomine ad assessore di Emanuele Imprudente e Nicola Campitelli. I cinque si sono autosospesi dall’attività del gruppo consiliare pur confermando la appartenenza al centrodestra e qui si inserisce il piano di Fdi di neutralizzare la supremazia della Lega: in tal senso, in seguito a questa operazione potrebbe nascere un gruppo in seno al Gruppo Misto con alcuni ex salviniani, l’ex pentastellato Marco Cipolletti e la ex Udc Marianna Scoccia, moglie di Andrea Gerosolimo che ha perso la partita a Sulmona dopo essersi praticamente ritirato al ballottaggio anche in seguito al rifiuto dell’alleanza con il centrodestra non approdato al turno decisivo. Nessuno confluirebbe in Fdi, dove le porte, soprattutto in previsione delle candidature alle politiche del 2023, sono evidentemente chiuse.
Il documento è stato inviato al capogruppo, Vincenzo D’Incecco, e al leader, Matteo Salvini, che peraltro era stato informato passo passo dal suo uomo di fiducia in Abruzzo, il coordinatore D’Eramo.
“La politica è ascolto – si legge nel carteggio -, fare e coltivare il bene comune. La politica è anche coerenza, nonché divenire e assunzione di responsabilità. Da qualche tempo accusiamo personali e condivise situazioni di disagio all’interno del partito cui abbiamo convintamente aderito, determinate da talune discutibili scelte e azioni di indirizzo politico amministrativo del segretario regionale. Avvertiamo, quindi, la necessità di assumere una pausa di riflessione, sospendendoci al momento dal gruppo e nel contempo ribadendo pieno sostegno al governo regionale. Il nostro vuole essere semplicemente un passo di lato, con il quale non intendiamo sbattere nel chiudere porte, rimanendo aperti e pronti a ogni utile confronto”.
Sotto accusa quindi il coordinatore regionale che ha ereditato questa situazione avendo preso in mano la gestione del partito in Abruzzo ad un anno dalle elezioni, quindi dopo che era stato l’allora segretario, Giuseppe Bellachioma, collega di D’Eramo a Montecitorio, a fare le scelte sulle candidature e sulle nomine in Giunta.
Comunque, lo stesso D’Eramo e il capogruppo D’Incecco sono al lavoro per far tornare il sereno attraverso un chiarimenti a tutto campo per eliminare il disagio.
I “ribelli” si sarebbero riuniti nei giorni scorsi e, secondo rumors insistenti in ambienti politici di centrodestra tra i registi esterni ci sarebbe un politico di grande esperienza, Gianfranco Giuliante, attuale presidente di Tua e già segretario organizzativo regionale del Carroccio, tra l’altro ex consigliere ed assessore regionale nella Giunta di centrodestra guidata da Gianni Chiodi: per anni vicino a D’Eramo del quale è stato a lungo coordinatore ai tempi della militanza in An (anche se tra il giovane D’Eramo e il suo più maturo dirigente c’è stata una lite furibonda che li ha divisi per molto tempo), Giuliante, dopo la riconciliazione, ha assunto un ruolo importante nella Lega proprio per volere del deputato aquilano, ma poi tra i due, per motivi mai resi pubblici, i rapporti si sono di nuovo incrinati.
Tra coloro che sono considerati “organizzatori della fronda” contro D’Eramo anche l’ex consigliere e presidente del consiglio regionale, Giuseppe Tagliente, ex sindaco di Vasto, e l’ex consigliere ed assessore di Fi Paolo Gatti, uomo forte della politica teramana, attualmente per sua scelta fuori dalla politica, e accostato più volte alla Lega, matrimonio mai celebrato.
Saldamente dalla parte di D’Eramo e del capogruppo D’Incecco sono rimasti Sabrina Bocchino, Simona Cardinali subentrata a Pietro Quaresimale nominato assessore, Luca De Renzis ed Emiliano di Matteo. Non mancheranno altri sviluppi. (b.s.)
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