Confermata l’accusa di omicidio volontario per Giuseppe Giansalvo Per la difesa non voleva ammazzare. Il 24 novembre il caso dal giudice
CHIETI. «Ha ucciso il fratello di 18 anni durante una lite per il possesso di un rullo da pittore: va processato per omicidio volontario pluriaggravato». Il sostituto procuratore Giancarlo Ciani chiede il rinvio a giudizio di Giuseppe Giansalvo, 22 anni di Miglianico, agli arresti domiciliari dallo scorso gennaio, formulando nei suoi confronti la più grave delle accuse. L’udienza preliminare, davanti al giudice del tribunale di Chieti Andrea Di Berardino, è in programma il 24 novembre. Se anche in quella sede passasse la tesi del delitto intenzionale, per l’imputato non sarebbe percorribile la strada del rito abbreviato. È l’effetto delle modifiche al codice di procedura penale introdotte dalla legge del 12 aprile del 2019, che esclude sconti di pena per i reati puniti fino all’ergastolo.
La difesa del giovane cercherà anzitutto di far scivolare l’accusa dall’omicidio volontario a quello preterintenzionale (ipotesi che spalancherebbe anche le porte all’abbreviato), puntando sulle conclusioni dell’autopsia che – sempre secondo la difesa – offrirebbe margine per dimostrare che Giuseppe non volesse assolutamente uccidere Matteo. Non è dello stesso avviso il pm, secondo il quale il 22enne ha sferrato al fratello «un violento colpo alla testa con un rullo da pittura, procurandogli una ferita lacero contusa con successiva emorragia cerebrale e frattura della teca cranica». Per l’omicidio avvenuto nella casa di contrada Elcine, la procura contesta anche le aggravanti della relazione di parentela con la vittima e dei «futili motivi», dopo le indagini condotte dai carabinieri della stazione di Miglianico e del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Ortona.
Giuseppe, difeso dall’avvocato Marco Femminella, ha sempre sostenuto di «non essersi accorto che il rullo per pittura, nel corso della colluttazione, avesse perduto l’estremità di spugna, così rimanendo da lui impugnato solo il manico con sostegno metallico ricurvo e dall’estremità di ridotte dimensioni».
Giuseppe aveva negato al fratello lo strumento, «con il quale Matteo aveva già iniziato a tinteggiare la propria stanza e che lui stesso gli aveva fornito a metà mattina, perché Matteo aveva preteso con arroganza le sigarette dalla madre, costretta a cedergli l’intero pacchetto, e tale circostanza lo aveva indotto a esercitare una sorta di autorità familiare».
Nel dettaglio, dunque, il 22enne ha precisato di «aver ripreso il rullo dopo l’alterco tra Matteo e la madre e di aver negato a Matteo la sua restituzione per impedirgli di continuare il lavoro, come una sorta di punizione domestica per l’atteggiamento di pretesa avuto dal fratello nei confronti della madre, giudicato inadeguato». L’imputato ha riferito di aver «subìto l’ingresso di Matteo nella sua camera da letto, entrato per riprendere il rullo, che lo ha irriso dicendogli di non fare il bambino».
Giuseppe ha aggiunto «di essersi opposto e di aver trattenuto il rullo finché aveva sbracciato con il braccio destro che impugnava il manico del rullo, che Matteo contendeva reggendo l’altra estremità in spugna, e così inferto il colpo risultato fatale, senza accorgersi che la parte in spugna si era staccata».
A domanda, l’imputato ha precisato che non era assolutamente sua intenzione uccidere il fratello e che «il colpo è stato inferto con il braccio destro, mentre con il sinistro si proteggeva dal pugno che Matteo stava sferrando con il proprio braccio destro, andato a vuoto».
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