I piani di espansione a breve termine dell’industria dei combustibili fossili – colossi come ExxonMobil, Shell, BP e Chevron – prevedono l’avvio di progetti di petrolio e gas che produrranno gas serra equivalenti a un decennio di emissioni di CO2 dalla Cina, il più grande inquinatore del mondo. Il Guardian – dal quale trapelano questa e altre indiscrezioni – le chiama bombe di carbonio. Questi piani includono per l’esattezza 195 “bombe”, giganteschi progetti di estrazione e sfruttamento di petrolio e gas che si tradurranno in almeno un miliardo di tonnellate di emissioni di CO2 ciascuno, in totale equivalente a circa 18 anni delle attuali emissioni globali di CO2. Circa il 60% di questi progetti sono già stati avviati. Tutte le dozzine di maggiori compagnie petrolifere sono sul punto – spiega l’inchiesta – di spendere 103 milioni di dollari al giorno per il resto del decennio, investendo in nuovi giacimenti di petrolio e gas che dovrebbero essere considerati intoccabili se il riscaldamento globale deve essere limitato sotto i 2°C.
I Paesi con i maggiori piani di espansione e il maggior numero di bombe al carbonio sono Stati Uniti, Canada e Australia, che, assieme all’industria, stanno di fatto scommettendo piogge di milioni di dollari contro l’arresto dei cambiamenti climatici. Eppure almeno 23 Stati si erano impegnati per la prima volta alla Cop26 dello scorso novembre, a Glasgow, a eliminare il carbone dalla loro produzione di energia. Tra questi anche Canada e Stati Uniti. Ma nessuno ha menzionato petrolio e gas nell’accordo finale, nonostante siano responsabili di quasi il 60% delle emissioni da fonte fossile. Del resto, l’industria del petrolio e del gas è estremamente redditizia, in particolare quando i prezzi sono alti, come lo sono adesso, a seguito del conflitto tra Ucraina e Russia. Si calcola che le big del fossile abbiano realizzato quasi 2 trilioni di dollari solo negli ultimi tre decenni, al punto che il capo di BP ha recentemente descritto la sua azienda come un “bancomat”. Suonano vuoti i richiami della scienza di fronte a questo, sebbene non siano mai stati disperati come quest’anno. L’IPCC ha detto e ribadito che le emissioni di carbonio devono dimezzarsi entro il 2030 per preservare la possibilità di un futuro vivibile, per tutti, ma non stanno diminuendo. In aprile ha rincarato la dose con un “Adesso o mai più”. È noto che per frenare le emissioni, prima di tutto, serve fermare le estrazioni di combustibili fossili e il Guardian elenca tutte le fonti scientifiche – anche conservatrici – che hanno messo enfasi questo punto. Una tra tutte, un’analisi scientifica che ha rilevato la necessità di lasciare nel suolo almeno il 60% di petrolio e gas e il 90% del carbone, se vogliamo limitare a 1,5°C il riscaldamento del globo, mentre le Nazioni Unite hanno avvertito che la produzione pianificata di combustibili fossili “supera di gran lunga” quella necessaria alla mitigazione di fenomeni estremi.
L’articolo Emissioni: “Avviate estrazioni di gas e petrolio che vanificano gli sforzi per il clima” proviene da The Map Report.