Poco prima che prendessero il via gli interrogatori davanti al gip Claudio Siclari si è dimesso dal suo incarico di Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza il professore Riccardo Ferrante uno degli indagati dell’inchiesta della procura su una serie di presunte pressioni e turbative per pilotare concorsi per cattedre e assegni di ricerca nella facoltà di Legge. Ferrante in queste ore è fuori Italia per lavoro.
Tutti i docenti sentiti, cinque questa mattina vista l’assenza di Ferrante, non hanno risposto alle domande e hanno depositato memorie difensive.
Solo Daniele Granara, docente e avvocato amministrativista, ha risposto ad alcune domande.
L’interrogatorio di Ferrante è stato fissato al 17 di maggio. Il gip deciderà per tutti insieme.
Lara Trucco e Pasquale Costanzo – per loro sono stati chiesti gli arresti domiciliari – non saranno interrogati ma in caso verranno sentiti dopo l’eventuale ordinanza che, naturalmente, non è assolutamente scontata.

Alcuni giorni fa, subito dopo le perquisizioni della guardia di finanza, si era già dimessa Lara Trucco prorettrice e una delle principali indagate dell’inchiesta assieme al professore emerito Pasquale Costanzo, costituzionalista come Trucco.
Le perquisizioni erano scattate alcuni giorni fa con la notifica degli interrogatori ad un gruppo di docenti. Il gip deve sentirli prima di decidere l’applicazione delle interdittive all’insegnamento chieste dal pm Francesco Cardona Albini.

Ferrante è indagato per la vicenda che coinvolge Trucco, Costanzo, e Daniele Granara. L’avvocato Granara, che ha rappresentato in decine di ricorsi movimenti e associazioni ambientaliste di tutta la Liguria, recentemente si è occupato delle cause novax presentando il ricorso al Tar di oltre 400 sanitari contro l’obbligo vaccinale. Secondo gli investigatori Granara, che era ricercatore a tempo indeterminato presso l’Università , avrebbe ottenuto il posto da professore di seconda fascia grazie a diversi stratagemmi attuati insieme ai colleghi ‘amici’ Trucco, Ferrante e Costanzo. Tra questi la conoscenza in anticipo dei membri della commissione del concorso e il posticipo del bando stesso per consentire all’avvocato di conseguire un’abilitazione che non aveva ancora e che era indispensabile per il concorso.

Sono sei gli episodi contestati ai dodici indagati. E sembra di ripercorrere una lunga serie di articoli di cronaca relativi a vicende universitarie di tutta Italia.
Il tema in fondo è sempre lo stesso: il confine sottilissimo che separa la scelta dei migliori – docenti, assegnisti, ricercatori – dall’abuso di potere. Esiste una linea di pensiero in ambito accademico, magari non esplicitata pubblicamente, che ritiene bandi e selezioni ostacoli burocratici che impediscono la scelta dei migliori. Anche se può apparire come una visione baronale, è una concezione assai diffusa e in altre occasioni ha generato corto circuiti con immancabili derive giudiziarie. Bisognerà vedere se in quest’ultimo caso le azioni dei professori abbiano oltrepassato quei confini che proprio in quella facoltà vengono insegnati agli studenti, o se invece le contestazioni di oggi siano destinate a essere smantellate con spiegazioni coerenti.