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Otto ore per una visita al cuore: il pronto soccorso adesso scoppia 

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Protesta un papà che chiama anche i carabinieri: sua figlia di 6 anni è entrata alle 11 ed è uscita alle 19 Il primario Caporrella: «Pochi medici nel reparto, pazienti con patologie aggravate e tamponi da fare»

di Teresa Di Rocco

LANCIANO. «Chissà quando arriva il mio turno; non ce la faccio più». Sono tanti i pazienti nella sala di attesa del pronto soccorso dell’ospedale Renzetti e qualcuno, stremato perché attende da ore una visita, sbuffa a voce alta. C’è chi, invece, va oltre, e urla contro il personale che, però, lavora oltre ogni limite. È il caso di un papà di Lanciano che, stremato, dopo 8 ore di attesa che la figlia di 6 anni facesse una visita cardiologica, e dopo non aver ottenuto risposte dal personale, ha iniziato a gridare, tanto che sono dovuti intervenire i carabinieri per riportare la calma.
«Mia figlia è arrivata al pronto soccorso poco prima delle 10, portata da mia moglie che l’ha ripresa da scuola perché accusava dolori al petto», racconta il papà di 43 anni di Lanciano. «Appena arrivata le hanno assegnato il codice giallo, le hanno fatto analisi ed elettrocardiogramma. Poi le hanno detto di attendere la vista cardiologica. Le ore sono trascorse tra pazienti in barella, nuovi arrivi, cambi turno. Alle 18 con la bimba, stravolta, ho chiesto gentilmente di parlare con un medico. Nulla. Ho iniziato ad urlare: è vergognoso che una bimba di appena 6 anni debba attendere 8 ore per una vista. Forse ho esagerato (sono intervenuti i carabinieri, purtroppo “abituati” a queste scene, ndc), ma le mie proteste sono state condivise da molti che pure erano in attesa da ore per un esame, una visita».
Ieri ad esempio, alle 16, erano 24 le persone già all’interno del pronto soccorso per le cure, mentre in attesa c’erano 10 codici gialli, 8 verdi e uno bianco. «Io aspetto», dice una donna con il codice verde, «so che dovrò fare la fila, ma almeno qui qualcuno mi visiterà visto che il mio medico di famiglia è sparito». E in effetti i codici verdi e bianchi in teoria non dovrebbero arrivare in ospedale se ci fosse il filtro dei medici di famiglia che, con il Covid, hanno ridotto drasticamente le visite. Ma così si intasano i pronto soccorso e le attese diventano infinite.
«Abbiamo poi anche molti utenti che hanno patologie gravi, sono codici gialli e pure rossi», spiega Antonio Caporrella, primario del reparto e capo del dipartimento Emergenza urgenza Asl. «Durante il Covid, che non è scomparso, molti hanno rinunciato o sono stati “costretti” a rinunciare a visite e controlli. Questo significa che ora abbiamo tanti pazienti e anche più gravi rispetto al passato e quindi ogni medico impiega anche più tempo per assistere queste persone». Non solo, per alcune visite e per i ricoveri servono i tamponi e l’esito si attende in pronto soccorso dove è ancora attiva l’area grigia con malati in attesa di essere spostati nei reparti, che richiedono a loro volta l’attenzione di medici e infermieri. Che sono sempre meno. Caporrella nei mesi scorsi ha chiesto alla Asl, al direttore sanitario Angelo Muraglia, rinforzi, almeno 5-6 medici; ora la situazione è peggiorata. Ma il problema della carenza di medici di pronto soccorso non è risolvibile da Muraglia perché è nazionale: non ci sono medici che si dedicano all’emergenza-urgenza, un lavoro durissimo, rischioso. Un problema enorme sollevato anche dai sindacati di categoria al ministro Roberto Speranza. E purtroppo anche con questa carenza, si creano attese che sono di 6, 8 ore per le patologie non acute.
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