Minacciate anche 8 ore di sciopero. La richiesta all’azienda: un tavolo per trovare soluzioni alternative «In questo periodo c’è lavoro, ma gli operai sono destabilizzati dall’incubo di perdere il lavoro a breve»
PENNE. Stato di agitazione ed eventuali 8 ore di sciopero. I sindacati dei lavoratori Brioni scelgono la linea dura nei confronti della maison d’alta moda pennese per scongiurare i 24 licenziamenti paventati il mese scorso dai vertici aziendali.
I rappresentanti dei lavoratori chiedono con forza il ritiro della procedura di licenziamento e il ripristino di un tavolo negoziale per trovare soluzioni alternative a quelle del licenziamento.
«In questo periodo in azienda c’è lavoro, ma gli operai sono destabilizzati. Da una parte devono dare la disponibilità a lavorare per evitare la perdita di produzione, dall’altra vivono fianco a fianco con il collega che deve essere licenziato», sbottano i sindacati. «Questa situazione non è più tollerabile e abbiamo chiesto anche un nuovo incontro. Non va poi dimenticato il sacrificio di 260 lavoratori, già firmatari dell’accordo di licenziamento con la non opposizione ad esso», spiegano i rappresentanti sindacali Antonio Perseo (Filctem-Cgil), Debora Del Fiacco (Uiltec-Uil) e LeonardoD’Addazio (Femca-Cisl). «Vogliamo che l’azienda si impegni a riqualificare altro personale, oltre alle 25 maestranze che sono state già adibite a nuove mansioni», dicono ancora Perseo, Del Fiacco e D’Addazio.
Dalle assemblee sono emerse le paure e la rassegnazione dei lavoratori e delle lavoratrici, che ormai da molti anni vivono in un clima di tensione e timore di perdere il posto di lavoro. Dal 2009 ad oggi, in effetti, sono 700 i posti di lavoro tagliati in Brioni nei siti produttivi vestini. E dal 2016, la maggior parte dei lavoratori percepisce un salario molto inferiore, avendo visto diminuire l’orario contrattuale. Nel 2009 sono andati persi 150 posti.
Le annate 2010 e 2011 hanno visto la chiusura della divisione Donna Brioni a Collecorvino (Congiunti) e la perdita di altri 20 posti di lavoro. Nel 2014, invece, si è avuta la procedura di mobilità per circa 60 dipendenti. Nel 2016, addirittura, sono stati 150 i posti di lavoro in meno e, inoltre, c’è stata una riduzione di orario di lavoro e di salario per circa mille dipendenti. Dal 2016 al 2021 sono state avviate procedure di licenziamento per circa 100 dipendenti e, nel 2020, il mancato rinnovo dell’integrativo aziendale ha portato una perdita salariale di circa 2.500 euro medie annuali. Il tutto fino ad arrivare alla vertenza ancora in corso, con 235 persone che a fine anno saranno senza lavoro.
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