Valentinetti: «Si attaccano ai social per trovare risposte alla realtà» Di qui l’appello: «È ora di accoglierli e abbracciare il loro mondo»
PESCARA. Incontrare i giovani, parlare con loro, confrontarsi, accoglierli e coinvolgerli, abbracciando il loro mondo. Nasce con una spinta positiva e con una grande disponibilità a mettersi in discussione la giornata mondiale diocesana della gioventù che si svolge oggi a Pescara. E dall’arcivescovo Tommaso Valentinetti arriva una riflessione sui giovani sulla vicinanza alla Chiesa, che è in calo, e sulla loro presenza nel volontariato, che deve crescere e crescere sana. E, dice Valentinetti, bisogna evangelizzarli, attrarli, avendo però la capacità di mettersi in discussione.
Che appuntamento è quello di oggi?
«È la dimensione diocesana della Giornata della gioventù che si svolgerà a Lisbona l’anno prossimo. Il Papa ci ha chiesto di promuovere un momento di incontro con i giovani nelle diocesi e poi, chi vorrà, si recherà a Lisbona. È un momento per tenere aperto un canale importante con i giovani: non solo con quelli che frequentano le parrocchie, anche se sono sempre di meno, ma anche con quelli un po’ lontani, e prospettare un incontro che sia nello spirito di questo tempo sinodale, di ascolto reciproco. Credo sia molto importante ascoltare i giovani, le ansie, le preoccupazioni, i desideri e il loro vissuto profondo e trovare alcune risposte di senso alla vita di cui hanno bisogno».
Perché sono sempre di meno?
«In generale la presenza nelle comunità parrocchiali è diminuita dopo la pandemia, ma in realtà è una pentola che si è scoperchiata solo ora del suo coperchio e che era vuota già prima, o si stava svuotando. Ne stiamo prendendo coscienza e ci domandiamo se dobbiamo recuperare in credibilità, come comunità cristiana. Perché solo quando da parte nostra c’è una credibilità di adesione ai principi evangelici si dà la possibilità a chi ci guarda, a chi si aspetta una parola o un gesto, di scegliere la nostra compagnia».
Lei come li vede, i giovani?
«Sotto un duplice aspetto. Li vedo come la grande speranza del domani e del futuro. Il mondo appartiene a loro: la storia, il cosmo, sono nelle loro mani, la nostra generazione ha concluso. Dall’altra parte vedo disimpegno, fatica, delusione, molta sete di divertimento, sete del “tutto e subito”. E credo che ci sia una analisi approfondita da fare su questa realtà, con una assunzione di responsabilità da parte di noi adulti, chiedendoci cosa gli stiamo consegnando».
In una società in cui i giovani sono attratti da telefonini e alcol, per dirne due, e in cui emerge la violenza, come fa la Chiesa a essere attrattiva?
«La Chiesa ha sempre fatto delle proposte e le continua a fare, ma si deve vedere se c’è qualcuno che le sappia fare e qualcuno che le voglia raccogliere. Comunque io guardo al mondo giovanile con tanta speranza perché ci sono tanti bravi ragazzi, che vivono serenamente e tranquillamente, si preparano al futuro e studiano. Certo fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, per i media. Ma va detto che se i giovani fanno fatica è perché non hanno ricevuto quello che potevano e dovevano ricevere, per cui qualcuno si attacca alle cose effimere o ai social, io li chiamo “socialisti”: lo fanno perché devono trovare delle risposte, qualcosa che li tenga avvinghiati alla realtà, che poi è una irrealtà».
E quale può essere il ruolo dei giovani nel volontariato di oggi?
«I giovani sono sempre stati utili nel mondo del volontariato ma il volontariato di oggi non è più puro. Però laddove c’è purezza e gratuità, senza nessun tipo di retrospettiva, penso che i giovani farebbero bene. Ma anche qui dico che il mondo del volontariato deve essere credibile altrimenti difficilmente conquista i giovani, se non quelli che vogliono sbarcare il lunario».
Il Papa ha invitato i giovani sognare. Un bel messaggio di speranza, no?.
«Bisogna sognare, un giovane che non sogna ha perso la speranza, e i giovani fanno sempre bei sogni. L’importante è che quando fanno brutti sogni si sveglino presto, caccino il sogno cattivo preferendo quello buono».