Mentre a Sharm el-Sheikh la COP27, entra nella sua fase finale con la chiusura del negoziato sul tema cruciale delle “Perdite e Danni”, le Nazioni Unite ci fanno sapere che la popolazione mondiale ha ufficialmente superato gli 8 miliardi di abitanti. È un passo che l’Onu definisce “un’importante pietra miliare nello sviluppo umano” sottolineando la “nostra responsabilità condivisa di prenderci cura del nostro pianeta”. Tra il 1970 e il 2020 la popolazione umana è più che raddoppiata. Nel 1950 la Terra contava 2,5 miliardi di abitanti, mentre soltanto nel 1974 raggiungeva già quota 4 miliardi. Più in generale, se fino al 1800 la Terra aveva meno di un miliardo di abitanti, sono bastati dodici anni per passare da 7 a 8 miliardi. Questa “crescita senza precedenti” è il risultato di “un graduale aumento della durata della vita grazie ai progressi della sanità pubblica, dell’alimentazione, dell’igiene e della medicina”. Non solo. A incidere sono anche i livelli elevati di fecondità in alcuni Paesi. Come ricorda l’Onu i Paesi che hanno i livelli di fecondità più alti tendono a essere quelli con il reddito pro capite più basso col risultato che la crescita demografica mondiale si è nel tempo concentrata nei Paesi più poveri del mondo, la maggior parte dei quali si trova nell’Africa subsahariana.
Con la popolazione mondiale salita a 8 miliardi di persone, più di 1 una su 10 (828 milioni) – rileva un’analisi della Coldiretti – soffre una condizione di fame aggravata dai cambiamenti climatici e dalle conseguenze della pandemia Covid-19 e delle guerre. Si stima che circa 2,3 miliardi di persone nel mondo, il 29,3%, vivono in condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave e che 45 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni soffrano di deperimento, mentre 149 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni abbiano deficit di sviluppo causata da una mancanza cronica di nutrienti essenziali nella loro dieta.
Coldiretti sottolinea come le difficoltà alimentari siano aumentate sia nei Paesi di sviluppo che in quelli economicamente più avanzati con la pandemia prima e la crisi energetica ora che hanno dimostrato la centralità del cibo e l’importanza di garantire l’autonomia alimentare in uno scenario globale segnato da distorsioni commerciali, accaparramenti e speculazioni che mettono a rischio gli approvvigionamenti.
Come fa notare Andrea De Tommasi di FuturaNetwork dell’ASviS, “in alcuni Paesi, la crescita rapida e sostenuta della popolazione può ostacolare il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Combinata con il cambiamento climatico, potrebbe anche causare migrazioni di massa e conflitti. Insieme a modelli di consumo e produzione insostenibili, la rapida crescita della popolazione umana ha già contribuito a varie forme di degrado ambientale. L’Onu ricorda che le popolazioni globali di fauna selvatica sono diminuite di due terzi tra il 1970 e il 2020, mentre la popolazione umana è più che raddoppiata. Dal 1990, circa 420 milioni di ettari di foresta sono stati persi a causa della conversione ad altri usi del suolo e l’area di foresta primaria in tutto il mondo è diminuita di oltre 80 milioni di ettari. Il rallentamento della crescita demografica a livello globale potrebbe contribuire a mitigare i danni ambientali nella seconda metà del secolo in corso”.
L’articolo La popolazione mondiale supera quota 8 miliardi e 1 persona su 10 soffre la fame proviene da The Map Report.