“C’era sempre poco cibo e i ragazzi avevano fame”. Luisa, chiameremo così una 36enne che lavorava come cuoca e come interprete in una struttura gestita dal Consorzio Aid nel capoluogo pontino, conferma le denunce-shock fatte dai migranti minorenni sulle condizioni in cui erano costretti a vivere nei centri portati avanti dalle coop della moglie e della suocera di Aboubakar Soumahoro, operanti nelle province di Roma e Latina.
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