Siamo 8 miliardi e la nostra specie rappresenta il 36% di tutti i mammiferi. Il 60% è rappresentato da ovini bovini e suini concentrati in poche aree, che utilizziamo per sfamarci. Solo il 4% è rappresentato da animali selvatici: abbiamo sterminato l’83% degli altri mammiferi, come ha rivelato di recente uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Weizmann Institute of Science di Israele, pubblicato sulla rivista Pnas. Questi numeri ci accompagnano mentre continuiamo a crescere, e si calcola che saremo quasi 10 miliardi già nel 2050: se poi dovesse avere successo il nostro impegno contro fame e povertà, sarà ancora maggiore la fetta di persone benestanti, che dunque impattano ancora di più sul pianeta. Il nostro appetito di materie prime, terre e risorse ha ridotto la biodiversità a un lumicino, biodiversità che è però il tesoro senza il quale, ad esempio, non esisterebbe la ricerca scientifica come la conosciamo, e sarebbe drammaticamente ridotta la nostra capacità di trovare cure, rimedi e medicine contro, ad esempio, una nuova pandemia. Siamo nell’era della sesta estinzione di massa della storia del pianeta, ma è la prima volta che la causa è il vorace sopravvento di un’unica specie sulle altre. Inoltre la biodiversità ha semplicemente un ruolo essenziale nella tenuta degli ecosistemi: la biodiversità sono gli anelli di una catena destinata a dissolversi: spariscono con loro le condizioni stesse che ci permettono di vivere. Con queste premesse, parte mercoledì 7 dicembre la COP15, Conferenza Onu sulla biodiversità che doveva tenersi in Cina e puntare in alto, ma che invece si terrà in Canada con molte poche speranze di successo. Si chiama per la precisione Ipbes, ovvero Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services e terminerà il 19 dicembre.
Il vero scontro non sarà il traguardo al 2050, troppo lontano per suonare veramente impegnativo, ma al 2030, con un centinaio di Paesi – Unione Europea, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda – che puntano a far passare la formula 30/30/30: proteggere il 30% della superficie terrestre e marina entro il 2030. Un po’ un ricalco degli accordi di Parigi sul clima, fatto che però potrebbe non portare buona sorte, visto come si susseguono le COP sul clima degli ultimi anni: tante parole e pochi fatti. Di per sé, l’obiettivo non sarebbe da poco, calcolando che al momento sono tutelati solo il 15% della superficie terrestre e, secondo l’U.N.’s World Database on Protected Areas, il 7,5% degli oceani. “Una possibilità per raggiungere l’obiettivo 30% entro il 2030, il 30 by 30, è allargare il concetto di conservazione, in modo da permettere che in alcune zone esterne al perimetro di aree protette, ma ricche di specie animali e vegetali o che ospitano habitat di valore naturalistico, il fine della protezione della natura non impedisca altri usi del territorio compatibili con la tutela della biodiversità”, spiega Lorenzo Ciccarese, responsabile dell’area conservazione di Ispra, rappresentante in Italia dell’Ipbes e membro della delegazione italiana in Canada. Alla vigilia dell’evento, più di 650 scienziati hanno sottolineato un punto in particolare, esortando i leader mondiali a smettere di bruciare alberi per produrre energia e calore, perché distrugge habitat preziosi per la fauna selvatica. La “bioenergia” in passato è stata “erroneamente considerata ‘carbon neutral’” e molti Paesi fanno sempre più affidamento sulla biomassa forestale per raggiungere gli obiettivi net zero, secondo la lettera indirizzata ai leader mondiali tra cui Joe Biden, Rishi Sunak e il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “La cosa migliore per il clima e la biodiversità è lasciare in piedi le foreste – e l’energia da biomassa fa il contrario”, afferma. Sono stati finora molti gli appelli in questo senso, anche in relazione al fatto che bruciare legno o pellet produce molte emissioni climalteranti e dannose nell’immediato per la salute umana. La lettera afferma che se i leader globali accettassero di proteggere il 30% della terra e del mare entro il 2030 alla riunione COP15 di Montreal, dovrebbero anche impegnarsi a porre fine alla dipendenza dall’energia da biomassa. Eppure entro il 2030, secondo un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia, si prevede che la bioenergia rappresenterà un terzo dell’energia “a basse emissioni di carbonio”.
L’articolo Al via la COP della biodiversità. Appello della Scienza: “Basta tagliare alberi per fare energia e calore” proviene da The Map Report.