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Diritto all’oblio Google: come cancellare link negativi che rovinano la nostra reputazione

La prima società Italia di Web reputazion parla del diritto all'oblio e come rimuovere contenuti che rovinano letteralmente la vita delle persone. l'abbiamo chiesto a Cristian Nardi CEO Privacy Garantita la prima società italiana esperta in cancellazione delle notizie dal web.

Mata by Mata
3 Aprile 2023
in attualità, economia
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Cristian Nardi
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Il diritto all’oblio digitale è un diritto che consente di controllare i propri dati personali e di chiedere la cancellazione o la rimozione di informazioni personali che non sono più rilevanti o che non sono più necessarie. Tuttavia, come hai giustamente notato, il diritto all’oblio digitale non garantisce la cancellazione completa e definitiva dei dati.

Il diritto all’oblio digitale è stato introdotto per la prima volta in Europa con il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) nel 20183. Il GDPR stabilisce che le persone hanno il diritto di richiedere la cancellazione dei propri dati personali se questi non sono più necessari per gli scopi per cui sono stati raccolti o se il loro trattamento viola la legge.

CONTATTI PER LA CANCELLAZIONE NOTIZIE 3279105006 Cristian Nardi 

Che cos’è il «diritto all’oblio»? Definizione e limiti

Hai ragione, il diritto all’oblio non è un concetto nuovo e si applica anche a dati contenuti in registri ufficiali come il casellario giudiziale1. Il principio di proporzionalità previsto dalla legge federale sulla protezione dei dati (LPD) impone che l’elaborazione dei dati non abbia una durata superiore a quella necessaria per raggiungere gli obiettivi previsti1.

Il diritto all’oblio si esplica anche nella possibilità di ritirare il consenso precedentemente dato ovvero di opporsi all’elaborazione dei propri dati e si concretizza in questi casi attraverso la cancellazione o anonimizzazione dei dati stessi.

Spero che questo ti abbia aiutato a capire meglio il concetto di diritto all’oblio digitale. Se hai altre domande, non esitare a chiedere!

Il diritto all’oblio non è un diritto assoluto. A seconda delle circostanze, possono esserci anche altri interessi in gioco. È opportuno allora, nel caso concreto, effettuare un di bilanciamento degli interessi tra il rispetto della sfera privata (il diritto all’oblio, appunto) e l’interesse all’elaborazione dei dati (nel caso di un contenuto pubblicato su Internet, ad esempio, concorrono la libertà d’espressione, il dovere di informazione e di memoria). La valutazione degli interessi varia a seconda delle circostanze specifiche. In altre parole, occorre chiedersi se le lesioni della personalità derivanti dall’elaborazione o dalla pubblicazione dei dati siano giustificate, all’occorrenza, da un interesse superiore.

aggiunge Cristian Nardi Quando non sono stabiliti dalla legge, i diritti o gli obblighi concernenti il diritto all’oblio sono spesso difficili da attuare nella prassi, se non addirittura semplicemente ignorati. Non essendo in possesso dei propri dati personali in causa, la persona interessata non può semplicemente cancellarli, ma deve – spesso con mezzi limitati – intraprendere procedure lunghe e fastidiose per far rispettare i propri diritti.

Il «diritto all’oblio» nell’era di Internet

Al giorno d’oggi, le nuove tecnologie collocano «il diritto all’oblio» in un nuovo contesto in continua evoluzione. Il diritto all’oblio si può definire come la possibilità di controllare le proprie tracce e la propria sfera (privata e pubblica) online.

Mediante i blog, le reti sociali, le piattaforme o i forum di discussione, chi naviga in Internet lascia numerose tracce. Commenti, testi, foto, video o altri documenti sono pubblicati e sono resi accessibili praticamente all’istante a chiunque. Queste tracce possono essere anche involontarie: basti pensare agli indirizzi IP, ai cookie o alle richieste effettuate sui motori di ricerca. I contenuti raccolti sul web possono essere pubblicati anche senza il consenso delle persone interessate, se non addirittura a loro insaputa, nella maggior parte dei casi senza necessariamente l’intenzione di nuocere.

Sebbene i privati siano generalmente più solleciti nel pubblicare contenuti personali digitali, lo Stato non è in realtà da meno e alimenta Internet di dati personali pure lui (p. es. i dati  del registro di commercio).

Molti dati sono così memorizzati sul web e resi accessibili a un largo pubblico.  Benché l’accessibilità di questi dati presenta numerosi vantaggi, essa comporta anche molti rischi. Nella vita reale l’uomo dimentica; internet, invece, no. Nel mondo virtuale di Internet, i contenuti sono non solo accessibili quasi all’istante a chiunque e ovunque, ma diventano anche permanenti, perché una volta che i dati sono stati pubblicati, difficilmente possono essere rimossi in modo definitivo. I contenuti disponibili su Internet possono infatti essere copiati da terzi e sono rapidamente ripresi e strutturati per mezzo dei motori di ricerca secondo una logica che sfugge sia alle persone interessate sia agli artefici della pubblicazione stessa.

La moltiplicazione dei contenuti su scala globale, lo sviluppo delle tecnologie (p. es. i sistemi di riconoscimento facciale, le tecniche di geolocalizzazione o ancora la transizione dalla carta al digitale) e le modalità di funzionamento dei motori di ricerca accentuano ulteriormente la perdita di controllo sui dati. Di conseguenza, non si ha sempre coscienza dell’uso che viene fatto dei propri dati o che se ne potrebbe fare in futuro, e delle possibili interconnessioni tra i vari dati messi a disposizione. Considerata la comparsa di programmi di ricerca e di analisi sempre più performanti, in combinazione con le capacità quasi illimitate di memorizzazione («big data»), non si può che constatare  che il diritto all’oblio, inteso come la cancellazione completa e definitiva dei dati, è spesso un concetto illusorio.

E non si salvano neppure fatti o avvenimenti verificatisi prima dell’avvento di Internet: gli archivi cartacei dei giornali – o di altri documenti – sono digitalizzati e sono reperibili sul web. Gli eventi «dimenticati» possono quindi riemergere, portando le persone interessate a confrontarsi con il fatto molti anni dopo il suo accadimento. Le conseguenze di questa perdita di controllo possono essere imbarazzanti, se non addirittura disastrose. Un’informazione fornita in un determinato contesto può essere riutilizzata per uno scopo completamente diverso. Così, un aneddoto o un altro fatto pubblicato un giorno (volontariamente o no) su Internet, può mettere in pericolo gli interessi della persona in causa.

Internet non conosce confini: non solo le informazioni vengono diffuse a livello mondiale, ma l’aspetto internazionale complica in larga misura la possibilità di far valere giuridicamente i propri diritti. Si pongono infatti questioni complesse a livello di procedura, quali la determinazione del foro e del diritto applicabili.

Se si considerano i vari fattori in gioco, ovvero lo sviluppo di nuove tecnologie, la moltiplicazione e la diversità dell’elaborazione dei dati e gli ostacoli legislativi e procedurali in un contesto internazionale, si capisce come l’attuazione del «diritto all’oblio» possa diventare una vera e propria sfida.

Le soluzioni

Alla luce di quanto detto, è opportuno trovare soluzioni che consentano di preservare la dignità delle persone e rispettare il diritto alla sfera privata anche su Internet, senza con ciò intralciare  lo sviluppo delle nuove tecnologie.

Soluzioni tecniche

In particolare, si possono e devono attuare determinate strategie a livello tecnico, per permettere a chiunque di mantenere il controllo effettivo sui propri dati. La «privacy by design» (rispetto della sfera privata in fase di progettazione) e la «privacy by default» (tutela predefinita della sfera privata) dovrebbero diventare la norma. La «privacy by design» consiste nel tener conto degli aspetti relativi alla tutela della sfera privata e dei dati personali nella progettazione di nuove tecnologie o di applicazioni. Essa implica anche il rispetto di tali principi durante l’intero ciclo di vita della tecnologia in questione. La «privacy by default» consiste nell’introdurre una configurazione delle impostazioni di riservatezza all’atto di registrazione a un servizio online. L’obiettivo è quello di evitare sia un uso improprio dei dati, sia anche il loro riutilizzo per fini diversi da quelli per i quali una persona aveva inizialmente dato il suo consenso: il consenso esplicito della persona deve cioè essere richiesto per ogni elaborazione dei dati.

Infine occorre indurre gli amministratori del sito a rimuovere l’indicizzazione delle loro pagine web (o di alcune di esse) e invitare i gestori dei motori di ricerca a rivederne il funzionamento o il sistema di indicizzazione, ad esempio mediante l’attuazione di una procedura online che ne permetta la rimozione. 

Soluzioni giuridiche

L’attuale legge sulla protezione dei dati (LPD) si limita a sancire principi (finalità e proporzionalità) e norme generali. La persona interessata può far valere i propri diritti di rettifica o di opposizione (presso il responsabile dell’elaborazione dei dati) nei casi in cui l’elaborazione non sia (o non sia più) giustificata da un motivo giustificativo (art. 12 e 13 LPD). Se, così facendo, non ottiene il risultato auspicato, può rivolgersi a un tribunale civile e chiedere, in virtù dell’articolo 15 LPD,che l’elaborazione dei dati venga bloccata, che se ne impedisca la comunicazione a terzi o che i dati personali siano rettificati o distrutti. L’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza (IFPDT) dispone di competenze consultive e, a determinate condizioni (specialmente se un elevato numero di persone sono interessate), può anche intervenire nell’ambito della sua attività di sorveglianza.

Come già sottolineato, il diritto all’oblio (o il diritto di opposizione) è talvolta difficile da fare rispettare nella prassi. Di qui, la necessità di rafforzare da un lato i diritti delle persone interessate e, dall’altro, gli obblighi dei responsabili dell’elaborazione dei dati, in particolare concretizzando il concetto di proporzionalità o rendendo obbligatoria la privacy by design e la privacy by default per tutti i prodotti e i servizi sul mercato.

A livello europeo, si sta discutendo della possibilità di adeguare il quadro giuridico esistente, per poter tener conto dell’evoluzione delle nuove tecnologie, dell’ascesa del digitale e del contesto internazionale (l’attuale direttiva è del 1995). L’obiettivo del nuovo regolamento europeo sarebbe soprattutto quello di rafforzare l’efficacia delle norme sulla protezione dei dati. In tale contesto, il concetto di «diritto all’oblio» è al centro dei dibattiti. La Svizzera segue da vicino questi sviluppi, dato che dovrà probabilmente recepire, magari integrandole nella LPD, le soluzioni adottate a livello europeo.

Nell’attesa di questi sviluppi o parallelamente ad essi, non è escluso che la giurisprudenza precisi determinati aspetti del diritto all’oblio. Con la sentenza del 13 maggio 2014, la Corte di giustizia europea ha stabilito che i gestori dei motori di ricerca sono responsabili dell’elaborazione dei dati personali sulle loro pagine web e devono, su richiesta e a determinate condizioni, rimuovere il rinvio ipertestuale a queste pagine (a meno che non ci sia – nel caso concreto – un interesse pubblico preponderante che giustifica l’indicizzazione di tali informazioni). Tale sentenza avrà sicuramente ripercussioni anche in Svizzera per gli utenti di Internet.

Soluzioni comportamentali (sensibilizzazione e responsabilizzazione)

Infine, al di là delle soluzioni tecniche e giuridiche presentate, sembra essere fondamentale da un lato formare e informare gli utenti in modo che possano controllare meglio gli strumenti di Internet e gestire la loro reputazione online, dall’altro renderli consapevoli dei loro diritti e dei loro obblighi, soprattutto per quanto riguarda la pubblicazione dei contenuti su Internet (sensibilizzazione e responsabilizzazione). L’attuazione del diritto all’oblio non deve infatti comportare una deresponsabilizzazione dell’individuo.

In fin dei conti, spetta a ciascun individuo, nell’ambito della sua partecipazione alla vita sul web, essere arbitro del proprio desiderio di esporsi/essere visibile e del proprio bisogno di riservatezza, ad esempio utilizzando uno pseudonimo (o no), (dis)attivando le impostazioni  di riservatezza, prendendo atto – per quanto possibile – dei vantaggi e dei rischi (a lungo termine) della diffusione di un messaggio, fosse anche a una cerchia ristretta di persone. Al di là dei vantaggi immediati di una condivisione online, ciascuno deve riflettere prima di pubblicare un contenuto.

Conclusione

In conclusione, lo sviluppo delle nuove tecnologie e l’uso sempre più diffuso di Internet in tutti gli ambiti della vita, ha aumentato in modo esponenziale la capacità di elaborazione dei dati, la loro memorizzazione e le possibilità di interconnessione e, quindi, i rischi di violazione della sfera privata. In pratica, a causa degli sviluppi tecnologici e degli ostacoli legislativi e procedurali, il «diritto all’oblio» è in molti casi messa a rischio o difficile da attuare e da far rispettare.

Gli utenti di Internet devono essere consapevoli dei rischi insiti nelle nuove tecnologie e devono utilizzarle in modo responsabile.  La cautela è necessaria, in particolare se vengono pubblicati dati personali – di sé o di altri – su Internet. Gli ideatori e gli sviluppatori dei motori di ricerca dovrebbero – al pari dei responsabili dell’elaborazione dei dati – prendere in considerazione gli aspetti di protezione dei dati, evitando l’indicizzazione sistematica di tali motori. Infine, le soluzioni giuridiche e legali dovrebbero rafforzare i diritti delle persone interessate e gli obblighi dei responsabili dell’elaborazione.

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Tags: CANCELLAZIONEdiritto all'oblionotizie
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