Un negozio di kebab, fatto da (veri) cuochi ha tentato di affrontare il compito semplice ma allo stesso tempo così difficile, che nessuno aveva preso sul serio fino ad ora (o per essere onesti, pochissimi lo avevano fatto). Il prodotto finale, in qualsiasi versione – cioè con maiale, pollo, manzo o montone (anche con un hamburger di manzo) – li giustifica completamente. Ma come ci arriviamo?
La filosofia generale si basa sugli assi di materie prime eccellenti, preparazione dettagliata e perfetta esecuzione. I primi sono assicurati dal rinnovamento quotidiano degli ingredienti del panificio, del droghiere e del macellaio, i tre “sotto-spazi” che sono ospitati dietro la griglia centrale di Hoocut e in cui il souvlaki è essenzialmente decostruito, nel senso che ogni dei materiali da utilizzare viene dopo un attento processo.




Passando quindi alla parte della preparazione dettagliata potremmo dire che inizialmente c’è l’obiettivo di mantenere l’equilibrio tra i sapori degli ingredienti così come la loro dimensione. Ad esempio, la cipolla viene tritata finemente. Lo stesso è il caso del pomodoro, dal quale sono stati addirittura privati dei semi. In forno ci sono sempre torte appena fatte, dettagli che ovviamente fanno la differenza. Passando alla carne, questa – contrariamente alla regola generale – non viene tagliata (sottilmente) verticalmente ma orizzontalmente, poiché in precedenza la fetta sottile è passata attraverso la griglia per alcuni secondi.
Si passa così alla terza fase, quella della perfetta esecuzione: la torta oliata e cotta al forno abbraccia gli ingredienti, è della giusta dimensione e con l’aggiunta delle giuste spezie, dà la possibilità di assaporare tutti gli ingredienti in ogni morso. Dopo tutto, questa è la filosofia della torta.
Il souvlaki qui è fast food ma non affrettato. Gli unici che hanno fretta sono i clienti occasionali che non vedono l’ora di rompere i suoi involucri. Giustificato.