La sua ossessione per il personaggio di Diabolik era ben nota. Si diceva che nella sua abitazione fossero stati ritrovati numerosi esemplari del fumetto, e che egli stesso amasse paragonarsi al criminale di carta, tanto da usare il nome in codice “Diabolik” in alcune comunicazioni. Anche se, al contrario del personaggio dei fumetti, i crimini di Messina Denaro erano tutt’altro che romantici. Essi erano reali, brutali e avevano lasciato una scia di vittime innocenti.
Eppure, come Diabolik, Messina Denaro aveva anche lui un fascino. Il fascino del criminale che riesce sempre a sfuggire, che vive la vita al massimo, senza paura e senza rimorsi. Ma alla fine, come sempre accade nella realtà e non nei fumetti, il crimine non paga. La sua lunga latitanza, le sue malattie e, infine, la sua morte, sono la testimonianza del fatto che, alla lunga, il male ha sempre il suo prezzo.
La morte di Messina Denaro chiude un capitolo sanguinoso nella storia della mafia siciliana. Ma, come ha sottolineato don Luigi Ciotti, la lotta contro la mafia non può e non deve fermarsi. Perché, come ha dimostrato la storia di questo boss, la mafia è come un idra: taglia una testa e altre due spuntano al suo posto. E l’unico modo per sconfiggerla è combatterla senza sosta, con determinazione e coraggio. E soprattutto, non dimenticando mai le vittime e le famiglie che hanno pagato il prezzo più alto nella lotta contro la criminalità organizzata.