Fatti del caso
Il caso riguardava l’amministratore di una società che, mediante la creazione di una falsa delibera assembleare, ha alienato il marchio di proprietà della società. In cambio, ha ricevuto tre assegni bancari per un totale di 700.000 euro, somma che ha poi monetizzato per fini personali, depositandoli su un conto corrente da lui aperto, all’insaputa degli altri soci.
Questioni giuridiche
La difesa ha contestato la sentenza di merito sollevando il punto che l’amministratore, sebbene gestisse il marchio, non ne deteneva la proprietà, pertanto non si poteva configurare il delitto di appropriazione indebita. Inoltre, è stato argomento di dibattito la qualificazione del momento appropriativo, che la difesa sosteneva dovesse essere individuato non nel momento della ricezione degli assegni, ma piuttosto quando l’amministratore ha omesso di registrare tale somma nella contabilità aziendale.
Decisione della Cassazione
La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per appropriazione indebita e autoriciclaggio. La Corte ha sottolineato che l’amministratore aveva effettivamente distolto il marchio dalla sua destinazione aziendale, appropriandosi dei relativi corrispettivi e che il deposito degli assegni su un conto a lui accessibile rappresentava una chiara realizzazione del delitto di appropriazione indebita.
Inoltre, il trasferimento successivo delle somme su altri conti correnti attraverso l’uso di documentazione fittizia è stato qualificato come autoriciclaggio, nonostante la difesa sostenesse che tale condotta fosse parte integrante dell’azione di appropriazione indebita e non una condotta autonoma e successiva.
Implicazioni per la pratica giuridica
Questa decisione ribadisce la severità con cui il diritto societario viene applicato in situazioni di gestione fraudolenta dei beni aziendali. L’importanza di una corretta e trasparente gestione delle risorse aziendali è sottolineata, insieme alla necessità per gli amministratori di agire sempre nell’interesse della società e dei suoi soci.
In conclusione, la sentenza del 20 giugno 2023 conferma la tendenza della giurisprudenza a trattare con rigore i casi di malversazione dei beni aziendali, enfatizzando l’importanza della fiducia e della correttezza nella gestione societaria. Questa decisione serve da monito per tutti gli amministratori e rafforza l’importanza della vigilanza e del controllo interni all’interno delle società.