La Marcia PerugiAssisi compie 60 anni . Anche se non lo avete saputo è stata preceduta dalla Settimana della Pace (in tutta Italia 4-9 ottobre 2021) e dal 2° Meeting della Cura (8-9- ottobre 2021) che si è svolta a Perugia. Anche se non si è saputo abbiamo organizzato un originale “Laboratorio di futuro” condotto da oltre 10.000 ragazzi e ragazze dagli 11 ai 18 anni intitolato “Il futuro di noi tutti La Generazione Z nel cantiere dei cantieri” (Venerdì 8 ottobre 2021 ore 9.30 – 12.30) Anche se voi non lo avete saputo abbiamo organizzato la Maratona contro tutte le guerre (Venerdì 8 ottobre 2021 ore 16.00 – 18.30) un incontro internazionale sui 60 anni della Marcia PerugiAssisi e l’Assemblea sul futuro dell’impegno per la pace 1961-2021 In cammino per la pace. Con cura (Sabato 9 ottobre 2021 16.30 – 19.00). Anche se nessun giornale lo ha scritto quest’anno abbiamo avuto più di 500 adesioni tra associazioni, gruppi, enti locali e scuole di ogni parte d’Italia
Dopo la catena umana realizzata l’anno scorso nel mezzo della pandemia, la Marcia PerugiAssisi in corso di svolgimento oggi domenica 10 ottobre, è una risposta all’appello lanciato da Papa Francesco l’1 gennaio: «diventare profeti e testimoni della cultura della cura per colmare tante disuguaglianze sociali». Quest’anno, la Marcia PerugiAssisi compie 60 anni ed è stata preceduta dalla Settimana della Pace, che si è svolta in tutta Italia. Pace, diritti umani, uguaglianza, democrazia, solidarietà, dignità, libertà, giustizia, fraternità… sono sotto attacco in tante parti del mondo.
La negazione di questi valori universali ha causato e continua a causare enormi sofferenze a tanta parte dell’umanità. Per questo abbiamo bisogno di unirci e difendere i valori che ci sono più cari.
Lungo il cammino di 25 km che divide Perugia da Assisi, c’è una statua che tutti conoscono, dedicata a un santo della Carità, san Martino. Appare dipinto e scolpito il soldato che divise il suo mantello, o meglio che condivise il suo mantello, tenendo per sé la fodera e donando al povero la nappa. C’è qualcosa però che sfugge di questo gesto, così forte da resistere tenacemente all’erosione storica di qualsiasi episodio tanto da diventare emblematico e simbolico per tante generazioni. Ci sfugge sempre quello che avvenne dopo, ovvero il sogno del giovane Martino che vide il Cristo coperto dal lembo di quel mantello donato al mendicante, segno efficace di quella parola sulla quale saremo giudicati nell’ora del Giudizio Universale: «Qualsiasi cosa farete ad uno di questi fratelli miei più piccoli l’avrete fatta a me!» Sì perché per i cristiani ogni azione di accoglienza, di integrazione, non prescinde dal rapporto diretto, costante, con il Vangelo. La vera minaccia delle radici cristiane nel nostro tempo sono tutti quei tentativi di recidere il Vangelo, nella sua chiarezza ed integrità, dalla vita quotidiana, politica, culturale, dalla riflessione sui temi scottanti relegando la Parola che ha illuminato e formato le nostre coscienze per secoli solo all’ambito della pratica strettamente religiosa. Il Vangelo, quale buona notizia per ogni uomo sulla faccia della terra, per noi è la vera liberazione perché aldilà di ogni appartenenza etnica, religiosa e sociale, ciascuno è figlio di Dio. La visione notturna di san Martino ci riporta ad un ordine superiore delle cose, di un gesto di carità che viene ispirato dall’alto, che trova le sue motivazioni in un comandamento d’amore del Maestro. Dio ci lascerà alla porta della sua come estranei, se non avremo accolto lui nel forestiero, lui nella nudità, lui nella fame, lui nella sete.
A questa esigenza diretta, cocente del Vangelo, risuona forte in risonanza il magistero del nostro Pontefice, papa Francesco che nel messaggio per la marcia della Pace ha sottolineato alcune parole chiave. Non disquisiamo di cose che leggiamo sui giornali, ma il mondo della povertà, ha bussato e continua a bussare in Italia, lì dove la talvolta farraginosa macchina burocratica rischia di rimanere muta, e gli interessi politici cercano di prevalere, ci sono segni di ascolto da parte di tante persone generose.
Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. C’è molto da fare Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico . Accogliere, promuovere, proteggere. Sono questi i nomi nuovi della pace. Ed il Santo Padre ci invita ad avere uno sguardo contemplativo. Capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale”, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze […] promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia», in altre parole realizzando la promessa della pace”. Per questo è importante che ogni nostro gesto sia ispirato da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza.