NANJING – Il faccione di Mao è lo stesso che appare, in vari colori, su tutte le banconote di Cina. Ma anziché stampato su carta, dentro il portafogli, questa versione è di pixel e si tiene dentro il telefono. Pechino sta sperimentando una versione digitale dello yuan o renminbi, la moneta nazionale. La scorsa settimana nella metropoli hi-tech di Shenzhen è finito il più esteso test fatto finora sul suo utilizzo.
A 50 mila volontari sono stati distribuiti 200 yuan, circa 30 euro, in valuta virtuale. Avevano sette giorni per spenderli in uno dei 3 mila negozi abilitati del quartiere di Luohu e quasi tutti lo hanno fatto, tra centri commerciali e ristoranti, qualcuno rimpinguando perfino il borsello digitale di tasca proprio. In totale ne sono stati spesi 8,8 milioni, oltre un milione di euro, portando la Cina un passo più vicino a introdurre la prima moneta digitale sovrana al mondo.
Bando agli equivoci: il progetto non ha nulla a che vedere con il bitcoin o le altre criptomonete antiautoritarie, parole che alla corte di Xi Jinping non hanno diritto di cittadinanza. Il renminbi digitale è controllato dalla Banca del Popolo, la banca centrale, tanto quanto quello di carta e viene scambiato su circuiti ufficiali. Anzi: il suo obiettivo principale dovrebbe essere proprio sostituire parte del contante in circolazione per rendere più controllabili i flussi di denaro. Quelli illeciti, ovviamente, dando un ulteriore strumento di sorveglianza all’apparato della sicurezza cinese, ma anche quelli leciti, abbassando i costi di gestione del denaro e permettendo alle autorità di studiare politiche monetarie più efficaci.
La Banca del Popolo ci ragiona dal 2014, ma negli ultimi mesi la sperimentazione ha subito un’accelerazione, con test in quattro città, tra cui appunto Shenzhen. Non è un caso, Pechino teme che gli Stati Uniti possano allargare la sfida tra superpotenze all’ambito finanziario, usando la forza del dollaro come arma per boicottare la Cina. Nell’idea della leadership, avere un renminbi digitale con le sue infrastrutture di pagamento alternative allo Swift dovrebbe aiutare nel processo di internazionalizzazione dello yuan, grande obiettivo incompiuto di Xi.
Prima però bisogna cominciare a farlo circolare all’interno. Qui il problema non è certo abituare i cittadini ai pagamenti digitali, semmai il contrario: nessuno in Cina paga più in contanti. Da anni i consumatori sono abituati a usare per ogni acquisto, dal piatto di noodles alla Ferrari, i portafogli virtuali di Alipay (casa Alibaba) e WeChat (Tencent), collegati con il conto corrente. Si arriva in cassa e si scannerizza il codice QR, ecco fatto.
Il renminbi digitale sarebbe una versione di Stato dello stesso sistema. Con il vantaggio per i negozianti di non prevedere commissioni. Rubare spazio ai due attori che dominano il mercato però non sarà facile, bisognerà entrare nelle abitudini dei cinesi, convincerli a cambiare app. Le sperimentazioni proseguono, ma una data per il lancio ufficiale ancora non c’è.