Sono state costruite direttamente sulla spiaggia, impedendo l’accesso al mare ai più, distruggendo il paesaggio e privatizzando di fatto un pezzo di costa. Per questo motivo, 71 villette costruite a fondo Panaja, in località Caminia di Stalettì – una zona dai panorami mozzafiato nel catanzarese, soggetta a vincolo paesaggistico ma negli anni deturpata da costruzioni abusive – sono state sequestrate su richiesta della procura di Catanzaro diretta da Nicola Gratteri e per ordine del Tribunale.
Fin dalle prime ore della mattinata i carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro, guidati dal colonnello Giuseppe Carubia, della sezione di polizia giudiziaria della Procura, guidata dal maggiore Gerardo Lardieri, e dagli uomini della Guardia costiera di Soverato, coordinati dal tenente di Vascello Augusto Cipollone, hanno apposto i sigilli agli immobili di tutta l’area e notificato una raffica di avvisi di garanzia. Sotto indagine per occupazione del demanio marittimo, invasione di terreni e deturpamento e imbrattamento di cose altrui sono finite 68 persone, fra cui un imprenditore al quale è stato sequestrato un complesso, realizzato nella stessa area, composto da nove bungalow ed un parcheggio. Tutti hanno ricevuto un’ordinanza di sgombero alla quale devono adempiere tassativamente entro 90 giorni.
“Il presente procedimento – scrivono i magistrati – è la storia di un ecomostro diffuso che, nonostante sollecitazioni giudiziarie extrapenali e penali meno invasive, continua ad ergersi sul demanio deturpando il paesaggio, impedendo l’uso pubblico dell’area, rivendicando, quasi arrogantemente, il diritto all’impunità”. A ricostruire una storia fatta di decenni di abusi a spese della collettività è stata l’indagine del pm Graziella Viscomi e dell’aggiunto Giancarlo Novelli, coordinata dal procuratore capo Gratteri.
Quella fascia di terra, compresa tra la spiaggia e la sede della linea ferroviaria Taranto-Reggio Calabria, dal 1876 è proprietà demaniale, ma dalla fine degli anni ’60 è diventata “preda” della cosiddetta Catanzaro bene, che ha disseminato di piccole e grandi ville l’intera area. Costruzioni messe in piedi da privati, che non hanno mai posseduto alcun titolo concessorio, né tantomeno autorizzazioni edilizie, ma comunque hanno tirato su le loro case vacanza, per giunta in una zona demaniale sottoposta a vincolo paesaggistico e identificata come a rischio per i pericoli connessi all’erosione costiera, frana e alluvione/inondazione dal Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico Regionale. E nonostante un giudizio civile che ha accertato la proprietà demaniale dell’area, diverse ordinanze di sgombero del comune di Stalettì, confermate persino dal Tar, l’emissione, di decreti penali di condanna, hanno continuato a occupare quelle villette indisturbati.
Secondo quanto emerso dalle indagini peraltro, che quelle costruzioni fossero del tutto abusive perché costruire su demanio marittimo lo sapevano da anni sia un privato, che sulla proprietà dell’area aveva aperto un contenzioso, sia il Comune di Stalettì, che nelle diverse controversie che negli anni si sono aperte ha sostenuto la tesi di una sorta di sdemanializzazione tacita per effetto del non uso da parte dell’amministrazione Statale che avrebbe determinato una sorta di usucapione dell’area in capo al Comune.
Una prova – sostengono i magistrati – della “consapevolezza dell’abuso da parte degli occupanti che non hanno (e sanno di non averli) né il contratto di compravendita col Comune (che questi giammai avrebbe potuto stipulare poiché non è proprietario), men che meno posseggono un titolo edilizio che li legittimasse a fare scempio del territorio e sottrazione all’uso collettivo mediante la realizzazione dei bungalow oggetto della richiesta di sequestro”.