A Venezia le chiamano perlere perché da secoli realizzano perle di vetro. Da oggi quell’arte di plasmare il fuoco e trasformarlo in un perfetto microcosmo di colori è stata inserita nella Lista Rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Umanità. «Nel territorio veneziano, l’arte delle perle di vetro accompagna la nostra vita e, in molte famiglie, c’è una perlera, un perler, un’impiraressa, un molatore o un maestro del vetro» racconta Cristina Bedin, presidente del Comitato per la Salvaguardia dell’Arte delle Perle di Vetro Veneziane, dal 2013 impegnata nel lungo percorso per il riconoscimento dell’Unesco «I loro gesti, i ricordi, il linguaggio particolare, spesso legato al cucito e alla cucina, i luoghi dedicati all’arte delle perle di vetro impregnano la quotidianità di tutta la società veneziana».
Dopo sette anni oggi Venezia entra per la prima volta nel patrimonio intangibile non soltanto con l’arte di fare le perle, ma con il mondo che quell’arte porta con sé, per esempio il linguaggio. Con il termine “cremette” si intende infatti un tipo di perla il cui nome proviene dall’atmosfera culinaria veneziana. Inoltre sono stato valorizzata l’importanza della memorie perché presente nei ricordi delle famiglie di molte famiglie del territorio, la gestualità poiché tramandata di generazione in generazione, gli strumenti come le pinze realizzati con oggetti da cucina come i cucchiai, i luoghi dove si praticava quest’arte che tornano nella toponomastica della città (Calle delle Conterie).
Il dossier presentato e riconosciuto ha evidenziato le diverse lavorazioni: perle a lume (avvolgimento di vetro fuso alla fiamma intorno a un bastoncino di metallo), perle da canna (taglio e molatura di canne di vetro forate), realizzazione in fornace di canne di vetro e infilatura di minuscole perline di vetro (dette conterie). In particolare il lavoro di infilatura in passato è stato decisivo per l’emancipazione delle donne che, sedute fuori dalle loro case e tenendo in mano un ventaglio di aghi, realizzavano lunghissime collane di perline che poi venivano spedite in tutto il mondo. Fin da bambine molte donne per superare la povertà e integrare le entrate familiari si dedicavano infatti a questa attività tanto che, proprio a Venezia, si formò la prima organizzazione di impiraresse.
La candidatura è stata depositata da Italia e Francia con Italia capofila e proposta per la parte Italiana dalla Comunità dei perlai veneziani rappresentati dal Comitato per la Salvaguardia dell’Arte delle perle di Vetro Veneziane e per la parte francese dalla Comunità dei perlai francesi, rappresentati dall’Association des Perliers d’art de France. Durante l’intero percorso, i lavori sono stati coordinati dai Ministeri per la cultura dei rispettivi Paesi. ll progetto di candidatura è stato presentato ufficialmente alla Commissione Unesco – Roma nel 2017, sebbene i lavori siano iniziati nel 2013. Il dossier è stato curato da Eliana Argine, Claudia Cottica, Maria Teresa Sega, Luisa Conventi, Cristina Bedin, Cristina Sfriso, Muriel Balensi, Marisa Convento.
I lavori sono stati coordinati dal Ministero per la cultura. “Salgono a 69 i siti Unesco italiani, di cui 55 iscritti nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità – ha commentato il ministro Dario Franceschini – e, con i due nuovi di oggi (insieme all’arte delle perle c’è l’arte musicale dei suonatori di corno da caccia piemontese n.d.r.), 14 iscritti nella lista del patrimonio immateriale. Un nuovo primato che conferma la ricchezza del patrimonio culturale nazionale diffuso e che valorizza l’impegno delle comunità nella valorizzazione di quell’insieme di saperi e tradizioni che le contraddistingue”.
L’intero percorso è stato appoggiato dal Comune di Venezia grazie alla Presidente del Consiglio Ermelinda Damiano e la referente Unesco Katia Basili e dalla Regione del Veneto. «È motivo di grande orgoglio, alla vigilia delle celebrazioni per i 1600 anni dalla fondazione di Venezia, poter vedere per una delle eccellenze della nostra tradizione un riconoscimento così prestigioso e significativo» ha detto il sindaco Luigi Brugnaro «Attraverso le perle, la loro infinita bellezza legata indissolubilmente alla loro estrema fragilità, proprio come la nostra città, vogliamo ricordare al mondo intero che abbiamo il dovere di tutelare il frutto dell’ingegno e della creatività dell’uomo. Solo in questo modo potremo consegnare queste nobili arti alle future generazioni».
La notizia è stata accolta come una speranza di ripresa per il futuro di una Venezia ora deserta, con molti esercizi chiusi e altrettanti in crisi e zero turisti. Una Venezia che oggi sogna di tornare a brillare, come le sue secolari perle di vetro.