L’AQUILA – Solo due mesi fa la sezione regionale di controllo della Corte dei conti aveva bacchettato la Regione Abruzzo sostenendo che nel corso del 2020 ben 9 delle 45 leggi approvate, la a copertura non è quantificata, oppure non è stata ritenuta credibile, per ben 65,4 milioni.
Arriva ora una sentenza della Corte Costituzionale, depositata il 26 ottobre, che ha dichiarato “non fondata” l’impugnazione da parte del Consiglio dei ministri, anche qui per paventati problemi di copertura, di due articoli della modifica della legge regionale 20 approvata a luglio 2020, che ha previsto una variazione di bilancio, dal governo ritenuta illegittima, di 3,3 milioni di euro, per finanziare centri di ricerca, enti culturali e della formazione, per attività di protezione civile, per sostenere il trasporto ferroviario delle merci e alcuni interventi di manutenzione dei porti. In entrambi i casi attingendo risorse dal fondo di accantonamento del disavanzo che la Regione deve ripianare a rate per i prossimi 20 anni. La Regione in base al piano di rientro approvato dal centrosinistra di Luciano D’Alfonso deve infatti pagare per venti anni rate da circa 29 milioni di euro l’anno per altri 17 anni.
L’Avvocatura regionale si è opposta all’impugnazione, e i giudici delle leggi gli ha dato pienamente ragione.
Al centro dell’impugnazione, arrivata ad ottobre 2020, il seguente argomento del governo: prima di procedere legittimamente ad una variazione di bilancio di questo genere, sarebbe stata necessaria “l’approvazione di un piano di rientro dettagliato, che individui chiaramente le attività da adottare in ciascun anno, così da poter determinare esattamente la quota di maggior recupero realizzata nell’esercizio precedente”.
La Regione Abruzzo non avrebbe però approvato questo piano di rientro dettagliato, e di conseguenze le due norme sarebbero prive di copertura, pregiudicando gli equilibri finanziari, in contrasto insomma con il famigerato articolo 81 della Costituzione italiana per il quale le leggi, siano esse nazionali o regionali, che comportano oneri di spesa, devono avere una copertura certa e credibile.
L’avvocatura regionale ha ribattuto innanzitutto, che la norme nazionali introdotte durante la pandemia, consentono in ogni modo di utilizzare le risorse per sostenere la spesa degli enti in condizioni di particolare sofferenza finanziaria a causa della crisi epidemiologica, potendo far leva su avanzi di amministrazione.
E’ stato poi evidenziato che il piano di rientro del disavanzo è stato definito nel 2017, della durata di anni venti a quote annuali costanti, stabilendo poi che negli esercizi del triennio 2020-2022, la quota annuale stanziata nella voce disavanzo, “vada finanziata con una contrazione della spesa corrente”.
Rivendicando insomma una flessibilità di azione, che non presuppone “l’approvazione di un piano di rientro dettagliato”, come preteso da governo, consentendo variazioni di bilancio che poi possano essere compensate. Detto in modo più tecnico, come si legge in un passaggio della sentenza: “Con la finalità di indurre l’ente ad accelerare l’eliminazione del proprio disavanzo, il legislatore statale ha quindi consentito un effetto ampliativo della spesa – conseguente alla riduzione della quota di disavanzo da applicare al bilancio – legandolo però alla verifica che il migliore risultato conseguito nell’esercizio precedente consista nell’attuazione, in anticipo rispetto al cronoprogramma del piano già approvato, di specifiche misure correttive”.
La Corte costituzionale ha dato così ragione all’Avvocatura regionale, giudicando “non fondate” le questioni di legittimità costituzionale, confermando che non vige l’obbligo di un piano dettagliato, solo di recente introdotto, ma non vigente quando la legge regionale è stata approvata. Deve piuttosto “risultare con chiarezza l’effettivo collegamento tra il maggiore ripiano conseguito nell’esercizio precedente”, a giustificare eventuali variazioni di bilancio. E che siano “individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio”.
Accortezza che la Regione Abruzzo ha adottato, richiamando la norma che impone di “destinare prioritariamente ogni risorsa libera di bilancio alla copertura della quota annuale del disavanzo”. specificando che negli esercizi 2019-2021 tale quota annuale “venisse finanziata con una contrazione della spesa corrente”.
In conclusione, hanno stabilito i giudici delle leggi, “non appaiono configurabili né ripercussioni sul disavanzo di amministrazione e sul percorso di recupero delineato dal piano di rientro, né vulnera agli equilibri finanziari del bilancio regionale”.
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